©INTERNATIONAL PHOTO/LAPRESSE 12-06-1984 ROMA SPETTACOLO NELLA FOTO: SILVIO BERLUSCONI E GIULIO ANDREOTTI
C’è stato un lungo periodo in cui venivo bersagliato dalle telefonate del call center di Mediaset Premium. Cercavano di propormi l’abbonamento alla loro tv a pagamento, attaccando la filastrocca imparata a memoria che le telefoniste di ogni azienda recitano a tutta velocità, prima che dall’altro capo del filo riattacchino. Io qualche volta ho riagganciato subito, senza manco un buongiorno o un buonasera, altre volte le ho lasciate parlare per un po’ prima di fare presente che, essendo già abbonato a Sky, non avevo intenzione di aggiungere o cambiare. Poi, un giorno che avevo tempo, ho improvvisato un discorso netto e mi auguravo definitivo all’ennesima piazzista. Non ricordo le parole esatte, ma più o meno credo di aver detto che a casa mia non sarebbe entrato mai nulla che potesse in qualche modo ricondurre a Berlusconi: il mio era un boicottaggio politico, anzi ideologico, essendo il berlusconismo un complesso strutturato di valori, metodi e sistemi da cui mi sentivo lontanissimo. La telefonista, anziché arretrare e rassegnarsi, replicò seccata. E seccò anche me, con una risposta ineccepibile: “Ma lei crede che noi votiamo tutti per Berlusconi, che la pensiamo tutti come lui? Io sto solo cercando di venderle un abbonamento ad una televisione”. E quella risposta, che dalla stizza iniziale degradò parola dopo parola verso una stanca amarezza, mi fece sentire meritatamente coglione. Ma anche con tutte le ragioni delle addette ai call center, io l’abbonamento a Mediaset Premium non l’ho fatto e mai lo avrei fatto. L’ho sempre considerato un atto coerente e consequenziale alla mia scelta di combattere il male del berlusconismo, in tutte le sue manifestazioni. E i palinsesti di Mediaset, avvilente esempio di banalizzazione in ogni loro espressione, sono la rappresentazione più nitida del berlusconismo, inteso come forma di semplificazione in ogni campo: dalla politica allo sport, dal mercato all’informazione. Fuori da casa mia quel messaggio, niente canali Mediaset a casa mia. Non è stato un grande sacrificio, nessuno in famiglia ne sente la mancanza. Avevo ventitré anni quando Berlusconi intraprese il cammino delle istituzioni, i miei ormoni ribollivano anche nella passione che ci mettevo, a mio modo e nel mio piccolo, nell’impegno civile. L’immagine del capo indiscusso, le folle ammaestrate che lo acclamavano, quella postura da piazzista, la sua ambigua storia personale, un partito dove uno decide tutto e per tutti senza la benché minima apparenza di democrazia, i casting per i candidati alle elezioni come per la scelta degli attori di un telefilm: tutto mi faceva credere che il Berlusconi statista avrebbe peggiorato la nostra vita. Non ho sostanzialmente cambiato idea, anche se non ho più l’ossessione di una volta. Altri soggetti sono nel frattempo entrati nelle grazie dell’elettorato, fenomeni così potenti da farmi dubitare che Berlusconi sia davvero il peggio mai visto. E io nel frattempo sono cresciuto, se non proprio invecchiato, abbastanza da capire quanto il tempo sia prezioso e non valga la pena di sprecarlo inutilmente dietro un’ossessione. Pur mitigata dagli anni la mia avversione, ho continuato a dire che nessun marchio di Berlusconi sarebbe entrato a casa mia, finché fossi stato in condizione di decidere della mia vita. Poi l’altra sera ho acceso la televisione per cercare un film su Sky, come faccio sempre, dopo cena. E grande è stato lo sconcerto nel vedere che dal canale 313 in poi, nell’angolo in basso a destra dello schermo, brillava il logo di Mediaset premium. Mediaset e Sky Italia, ho appreso poi, hanno stretto un accordo, per cui alcuni canali del pacchetto cinema di Sky ora sono in appalto a Mediaset. Tanto che ora i film sono regolarmente interrotti dagli spot pubblicitari, uno dei pilastri costituzionali della televisione commerciale generalista. Erano anni che non vedevo un film spezzato dalle réclame, il che mi ha subito riportato alla mente lo slogan “non s’interrompe un’emozione”: aveva ragione, Fellini. Però niente, mi sono dovuto rassegnare. Anche questa libertà di dire no mi è stata strappata di mano. Berlusconi è entrato a casa mia, anche se io non gli ho mai aperto la porta.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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