Nonostante i sardi abbiano avuto, storicamente, molti ‘padroni’ – fenici, punici, romani, aragonesi, pisani, piemontesi fino ad arrivare ai giorni d’oggi, agli ‘italiani’ e alle loro ‘servitù’ – gli abitanti dell’isola si sono sempre sentiti liberi e felici, nel modo più assoluto. E infatti dicono: ‘Viviamo in un paradiso’. Il motivo e’ semplice: i sardi sono sempre stati ‘is merese’, i padroni del proprio territorio. Ciascuno nel suo angolo di terra, nella piega naturale di quest’isola frastagliata e divisa geograficamente – prima che sociologicamente – si è sentito in qualche modo un ‘padrone’. Se ascoltiamo bene sentiremo questa heideggeriana appartenenza alla terra, questa totale identificazione con essa nel pastore di Baunei – che magnifica la pratica degli usi civici – come nel contadino del Campidano, ma anche nelle riflessioni di due sardi acquisiti e molto amati dagli ‘autoctoni, Fabrizio De Andre e Gigi Riva. Perfino i ‘No Parco’ – a legger bene la metastoria – altro non chiedevano che di essere identificati con la terra: merese, ossia padroni del suolo, e dunque liberi. Che arrivino gli sceicchi, Berlusconi, i russi, i soldi del Qatar come ieri arrivarono quelli dell’Aga Khan: venghino signori, la porta è aperta, di queste quisquilie al sardo non importa. Perché i soldi sono immateriali: i ricchi, poveretti, vanno via, le loro case restano qui. Che qualcuno occupi il proprio spazio, però, no: questo è intollerabile. ‘Beninti, e sinne faente merese’. E’ da questo postulato che nasce l’intolleranza verso il diverso. La paura degli sbarchi. O almeno questo penso e questo spero. Non voglio e non posso credere che invece sia solo una questione di razzismo. Perché fosse per me – cristianamente – accoglierei tutti. Tutti.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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