E prima di Natale arrivava Ben Hur. A ve lo ricordate Ben Hur? Quello della corsa delle quadrighe, che al loggione del Verdi quando Messala gli tirava la frustata in faccia ci sollevavamo tutti come un sol bambino -Basthardhu! E che quando lo stesso Messala veniva mortalmente calpestato dagli stalloni del carro da corsa, si udiva la voce solitaria dalla platea -E che i cavalli ti caghino pure. Una maledizione biblica. Non so se avete notato l’imperfetto: gli tirava la frustata, ci sollevavamo, veniva calpestato. Azioni del passato prolungate o ripetute nel tempo. Nel senso che il film non è che ce lo guardavamo e poi ce ne andavamo a passeggio. Il biglietto a quei tempi si sfruttava. Se non mi sbaglio costava un po’ meno di cento lire, che non erano bruscolini che ce li avevi tutti i giorni. Quindi ci si metteva in fila per il loggione subito dopo pranzo, si salivano le scale di corsa per prendere i primi posti (tanto poi si stava sempre in piedi a fare casino) e si usciva dopo tre proiezioni in ritardo per cena, cosa che faceva incazzare mamma. Di Ben Hur, ora che ci penso, forse le proiezioni erano soltanto due, perché era lungo come la fame e se accennavi a trattenerti per la terza, arrivava la maschera, tale signor Carboni, a buttarti fuori a calci in culo. Ci conosceva tutti -Aiò, fuori! Loriga, Filigheddu, Poddighe, Oggiano… via! Andate a fare casino fuori e fate sedere la gente che è in piedi. Ben Hur restò a Sassari non so quante settimane e si tornava a vederlo con un po’ di rammarico perché sottraeva tempo meglio speso a Ercole con Steve Reeves. Il fatto è che Ben Hur non è che lo capissimo bene e sino in fondo. Sinché c’erano la corsa delle quadrighe o la battaglia navale, figurati, tanto di cappello. O anche la scena con tutti i lebbrosi che la carne gli cadeva a pezzi. Ci piacevano molto, quasi quanto Ercole e Maciste. Ma tutto il va e vieni delle amicizie e dei tradimenti, della famiglia lontana, della madre malata e balle varie, boh… un po’ palloso. Poi, ogni volta, mi lasciava perplesso l’incontro con Baldassarre, il re magio rimasto disoccupato dopo la nascita di Gesù, che mi chiedevo che cosa ci facesse fuori dal presepio. Io tra l’altro avevo a casa un presepio che mamma giudicava sacrilego. Perché una volta tornai a casa con un mucchio di statuine nuove destinate a rimpinguarlo. E sapendo, lei, che non potevo avere i soldi per comprarle onestamente, capì che le avevo fottute alla Upim di piazza Sventramento (piazza Mazzotti e/o Colonna Mariana). Tuttavia allestì il presepio e da allora riusò pastori oranti, pecorelle e altri figuranti per anni e anni, tirandoli fuori dalla scatola di latta della Motta, scuotendo la testa e guardandomi ogni volta con muto rimprovero. Ma di restituirle non se ne parlava. Non era scema, neppure lei.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design