Ieri, all’apertura della campagna di Mariano Brianda, mi è mancata una piazza che cantasse “Bella ciao”.
Sembra che le battute cazzare sul 25 Aprile e gli editori seconfessanti fascisti non portino bene a Salvini. Gli analisti dicono che sa boccia d’aghera ha perso un bel po’ di moderati, gente di fegato che ci sta ai cambi di divisa del ministro sinché c’è da andare addosso a negri e zingari per accontentare il popolo delle periferie abbandonate, in cambio di tasse vantaggiose per i ricchi e altra roba così. Ma se c’è da sguinzagliare in giro per l’Italia questi tipi rasati, tatuati, maneschi e un po’ maleducati, allora è un altro discorso. E quindi i moderati si astengono o ritornano al cavaliere che ormai, in quanto a carnagione, è sempre più uguale a Big Jim della Mattel, però è sempre una casa per la vecchia destra. Una casa famiglia.
Però intanto questi manovali fascisti si sono convinti di avere lo Stato dalla loro; ogni tanto gli succede così, a questi, e poi va a finire che alla polizia qualcuno dice “contrordine” e allora li caricano di bastonate e loro ritornano nei covi pronti alla prossima chiamata alle armi. Ma nel frattempo assumono arie da padroni della piazza. Se non accetti il loro volantino non si limitano a borbottare tra di loro, ma fanno i minacciosi. Lo dico per recente esperienza personale, anche se io devo ammettere che il modo accurato in cui ho appallottolato il foglietto e mi sono lentamente guardato intorno cercando un cestino, era un tantino provocatorio. Il fatto è che da molti anni frequento soprattutto gente di teatro e alla fine un po’ mi atteggio; inoltre, nonostante la mia avanzata età, non ho perso un difetto che avevo sin da ragazzo: quando sento puzza di fascio dimentico per qualche pericoloso minuto i miei notevoli limiti fisici.
Comunque io non penso che Salvini sia soltanto un palloncino che basta pungere con qualche sondaggio negativo o con una brava Lilli da battaglia che lo asfalta nel suo salotto tv, perché si sgonfi sino a farci dimenticare di lui. Io penso che sia un animale da battaglia con poca strategia e molta tattica, cioè con poca ideologia (ideologia conscia, perché oggettivamente di ideologia è pieno zeppo) e molta capacità di movimento a breve termine.
Quindi chi dice che paragonarlo al mascellone con gli occhi tiroidei del ’22 è una stupidaggine, non ha del tutto ragione. Ci sono state molte circostanze fortuite e molte sottovalutazioni del pericolo che hanno portato all’inizio del Ventennio. Una volta chiesi allo storico del Fascismo Emilio Gentile che cosa sarebbe accaduto, secondo lui, se l’audace re d’Italia Vittorio Emanuele III avesse seguito il consiglio del presidente del Consiglio Luigi Facta e alla vigilia della Marcia su Roma avesse firmato lo stato di assedio. Mi aspettavo che il grande storico si mostrasse seccato da questa mia incursione nella storia fatta con i se, invece mi rispose senza esitazione: “Mussolini sarebbe scappato in Svizzera e non ci sarebbe stato il Fascismo”.
Ecco, io non ci credo più al determinismo storico, al fatto che ogni avvenimento sia la conseguenza causale di ciò che è avvento prima. Ci possono essere anche fatti casuali, non soltanto causali. Uno di questi potrebbe consistere in una forte destra salviniana che vinca le elezioni e con una fortissima maggioranza parlamentare elegga il prossimo presidente della Repubblica e imponga le modifiche costituzionali più convenienti. Anche il Fascismo, quello storico, nel 1922 non era un fenomeno maggioritario (molti lo dimenticano) ma lo diventò in breve tempo, e a lungo, subito dopo essersi impadronito del potere.
Quindi non mi vergogno di essere un po’ retorico dicendo che in questo campo bisogna tenere la guardia alta e che ieri, al comizio di apertura della campagna elettorale di Mariano Brianda, il candidato del centro sinistra, avrei voluto una piazza Tola più affollata e con un deciso messaggio: Sassari darà il suo contributo a contrastare l’avanzata della destra. Avrei voluto una piazza dove si cantasse, senza vergogna, “Bella Ciao”, dove si dicesse che i giusti riferimenti di Brianda a una politica rivolta soprattutto agli ultimi, ai quartieri popolari, alla lotta contro il malaffare, a una giusta distribuzione delle risorse e alla creazione di nuovo benessere, alla difesa delle libertà civili, il riferimento a un modello di città dove sicurezza non è il falso problema degli immigrati nel centro storico, ma la garanzia di una vita serena per tutti nell’integrazione e nella libertà di espressione, ecco, avrei voluto che tutti questi valori del candidato sindaco fosse stati salutati da una piazza colma e festosa che dicesse che questi sono i valori di una grande sinistra che vuole vincere le elezioni comunali.
Io sono contento di un aspirante sindaco che indica nel fascismo, quello che è ancora vivo tra noi, il nemico della civiltà, il nemico del modello di città che lui propugna. Sono contento che abbia detto “Noi siamo il centro sinistra per la prima volta da tanto tempo unito”. Ma mi auguro che sia un fatto, non un auspicio. Mi auguro che il principale, anzi, l’unico partito sufficientemente forte e strutturato della sua coalizione, cioè il Pd, superi il palpabile malumore (nonostante le doverose dichiarazioni ufficiali) per un candidato non espresso direttamente dalla sua pancia, accetti che il capo della coalizione è lui e sappia accompagnarlo mobilitando le sue forze nelle piazze, nei quartieri e nei luoghi di lavoro. Come si faceva un tempo e come bisogna continuare a fare, a meno che non si voglia inseguire Salvini su Facebook. Che ricordi, insomma, la sua lunga storia fatta di persone come Enrico Berlinguer ma anche di donne e uomini che hanno dato a Sassari dignità culturale e benessere.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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