Il bancomat in Chiesa e Galileo
Ci giunge notizia, da una parrocchia di Parigi, della installazione di un apparecchio bancomat per facilitare le donazioni dei fedeli, durante la messa. Anziché liberarsi dal peso degli spiccioli dimenticati che appesantiscono le tasche, conferendoli nell’apposito cestino, il buon cristiano si vedrà offrire un display touch screen col quale potrà scegliere l’entità della donazione. Basterà una strisciata di bancomat o carta di credito è la buona dazione è fatta. Rispondendo ai giornalisti, il responsabile della ditta che ha curato l’installazione dell’aggeggio ha dichiarato che non si vede per quale motivo la Chiesa non debba “salire sul carro della modernità”. Giusto, il mondo si evolve, perché mai la Gerarchia non dovrebbe restare al passo, dal momento che essa – come diceva la buonanima di Marcinkus – non si regge su qualche Ave Maria? Piuttosto, ci sarebbe da riflettere sulla diversa capacità di adeguamento alla modernità della Chiesa, a seconda dell’innovazione che le si para di fronte. Se ci sono voluti pochi anni per la carta di credito in chiesa, durante la funzione religiosa, ce ne vollero invece 360 perché il Vaticano ammettesse che, nel 1632, il cardinale Bellarmino e Urbano VIII avevano preso una cantonata mandando a processo Galilelo Galilei, colpevole di aver fatto notare che, secondo lui, sul movimento dei corpi celesti aveva ragione Copernico e non Tolomeo. Pochi anni per introdurre un bancomat, nonostante l’attrito morale tra denaro e liturgia, 348 anni perché Giovanni Paolo II ammettesse la revisione del processo, 360 anni perché si chiedesse scusa a Galilelo, leggermente fuori tempo massimo perché l’interessato potesse accettarle. Che poi, intervenendo sulla questione in un suo discorso agli studenti di un’università, quando ancora la Chiesa non aveva rivisto ufficialmente la sua posizione, l’allora cardinale Ratzinger citò “Contro il metodo” del filosofo austriaco Paul Feyerabend, estrapolando dal testo queste parole: “La Chiesa all’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione”. L’argomento è complesso e non si può esaurire certo con le poche righe di questo blog e, del resto, non saranno certo le poche righe di un blog a chiarire un dibattito che prosegue da secoli. Ma sono abbastanza certo del fatto che se uno scienziato avesse introdotto un software per facilitare le offerte dei fedeli, ai tempi di Galilelo, la Chiesa non lo avrebbe mandato a processo per eresia.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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