È estate. Ce lo ricorda Jerry Calà a La Capannina, ce lo ricorda il caldo che ogni anno è sempre più caldo e ce lo ricorda la nostra vicina d’ombrellone, anzi di ombrelloni schierati come una testuggine romana, che dopo essersi scofanata montagne di melanzane alla parmigiana con tutta la famiglia, richiama soavemente il figliolo avvicinatosi troppo al bagnasciuga. Tutto mentre voi state appena prendendo sonno nella vostra pennica pomeridiana
«Gigggino a mamma, torna qui che è presto per fare il bagno»
Quando il vostro altro vicino d’ombrellone, quello dall’altra parte che sta solo a godere di una personalissima ombra, scuote la testa sollevando lo sguardo dal suo libro, suo nel senso che sicuramente l’ha scritto lui, si tratta magari di una pubblicazione sugli effetti del tutrezinparamumab negli emopodi affetti da nanismo vi guarda e dice
«Non c’è evidenza scientifica» Fate il cenno di non capire e lui chiosa: «Ormai si sa che questa del bagno dopo pranzo che provoca congestione è una leggenda metropolitana tutta italiana» Ridacchia e rimette la faccia sulla pagina 388 del suo trattato.
Insomma in pratica dopo che avete passato la vostra infanzia a ripararvi in quell’ombra ambulante, anelando il fatidico momento in cui vostra madre, dopo aver guardato l’orologio ed essersi sincerata di avervi trattenuto per le tre ore necessarie alla digestione, dia il via, scoprite dallo sgienziato che invece potevate buttarvi, che annegamento e congestione non sono correlate e che non c’è evidenza scientifica che il bagno dopo mangiato, vi provochi congestione e poi muori. E allora? Giggino a mamma può tuffarsi senza problemi dopo una bella parmigiana, cotolette fritte e della birra fatta bere di nascosto da zio Edgardo «che ora sei uomo»?
Mhmmmm diciamo ni e anche in questo caso dire “non c’è evidenza scientifica” non basta, si dovrebbe spiegare un po’ di più, elargire qualche altro elemento. Perché se è vero che “la congestione” non provoca annegamento e c’è un equivoco sull’uso dei termini, è anche vero che non è che siccome “non è dimostrato” da oggi mi tuffo senza problemi in acqua anche se a digiuno ma bello accaldato da troppo tempo sotto il sole o da sforzo fisico.
Quel fenomeno che noi gente senza titoli chiamiamo congestione, sarebbe invece riconducibile alla idrocuzione che non è quindi strettamente legata al processo digestivo. Idrocuzione def. «Colpo apoplettico causato dall’immersione in acqua fredda. Dall’ingl. hydrocution, forma contratta di hydro-execution, propr. “uccisione nell’acqua”»
Qualche riga forse un po’ noiosa ma per chiarire meglio il casino che ci sta dietro le analisi delle morti in acqua:
In una revisione del 2016 sulla Fisiologia da Annegamento si ammette che “la conoscenza della fisiologia annegamento è scarsa” e in uno studio di Michele Sammicheli, medico forense spiega come l’idrocuzione venga stabilita per esclusione. «[…] il riconoscimento, quale causa mortis, dell’idrocuzione è reso oltremodo complesso, per la pressoché assoluta mancanza di reperti macroscopici, istologici o laboratoristici in grado di comprovarla, la diagnosi di idrocuzione è essenzialmente di esclusione, valutando e soppesando attentamente gli elementi circostanziali, i dati anamnestici inerenti il deceduto, i reperti anatomo-patologici, i dati laboratoristici e tossicologici»
Ad esempio, si cercherà di capire quale fosse la temperatura dell’acqua. E poi è importante capire che non ci sia stata “resistenza all’annegamento”, se nella attività settorie o nella TAC non sia segnalata presenza di liquido nelle vie respiratorie o digestive (durante le fasi di annegamento propriamente detto infatti, troviamo la fase dispnoica in cui la persona coinvolta inizia a respirare disordinatamente anche in acqua) e che le analisi di laboratorio non evidenzino emodiluizione. Solo dopo una serie di esami si potrà differenziare l’annegamento dalla morte cardiaca e dal meccanismo di idrocuzione.
*** fine della parte noiosa***
Quindi ecco, attenzione certo a tutte quelle che sono le possibili cause di annegamento, dall’imprudenza traducibile in troppa spavalderia e troppa sicurezza nelle proprie capacità fisiche che sfidano il mare aperto con le sue correnti non sempre controllabili, ai crampi, alle punture di animali acquatici più o meno pericolosi ma che possono causare panico. Attenzione anche a qualcosa di più subdolo che è l’annegamento secondario, quando cioè (soprattutto nei bambini), piccole quantità d’acqua finiscono nelle vie respiratorie e possono creare problemi a distanza anche di qualche giorno diventando fatali.
Più che discutere se dopo pranzo sì o dopo pranzo no, fate una cosa: iscrivete i vostri bimbi ai corsi di nuoto, dove impareranno a gestire l’apnea. Perché le morti per annegamento anche in ambiente domestico (anche durante il bagnetto), sono purtroppo molto molto frequenti.
Ma direi anche di non fare gli sboroni con la scusa dell’evidenza scientifica e quindi di non sfidare troppo il vostro corpo accaldato anche in fase digestiva o a maggior ragione se si è fatto uso di alcolici. Se non vogliamo proprio far vedere che seguiamo una credenza popolare perché noi rispetto alle nostre mamme siamo molto più razionali, e vogliamo dare anche un sentore di scientificità al nostro comportamento, allora facciamo finta di seguire la Scuola Medica Salernitana:
Post prandium aut stare aut lento pede deambulare
Sparo pixel alla rinfusa, del resto sono nata sotto un palindromo (17-1-71), non potevo che essere tutto e il contrario di tutto. Su una cosa però non mi contraddico «Quando mangio, bevo acqua. Quando bevo, bevo vino» (cit. un alpino)
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