Fino a qualche anno fa la famiglia si riuniva attorno ad un tavolo all’inizio delle festività natalizie, e più frequentemente un poco prima, che le poste sono lente, e non si sa mai. Si riuniva al tavolo con le cartoline colorate appena acquistate sparpagliate in bella mostra, si incaricava quello della casa con la scrittura più bella, e si scrivevano i biglietti d’auguri. Questo per zia, questo per l’amico di famiglia e così via. Si sceglievano con cura le cartoline, le frasi da scrivere e infine si appiccicavano i francobolli. Era una usanza, questa delle cartoline, in realtà nata nella metà dell’800, ma diffusasi nelle famiglie con il benessere degli anni ’60. Insieme alla televisione e ai suoi caroselli, in quegli anni anche i babbi natale, con le loro renne, i loro doni traboccanti e le loro slitte, cominciarono a volare per l’etere e raggiungere le persone care e lontane. Mio padre lavorava alle poste, e quell’enorme ammasso di cartoline che si intruppava negli uffici postali significava lo straordinario e qualche soldo in più per la famiglia, a costo di prolungate assenze della figura paterna nel periodo festivo. Poi il rito delle cartoline da spedire alle persone care si è con il tempo affievolito. Nel corso degli anni la vita è parsa accelerare, correre sempre più veloce. Non solo gli anni hanno cominciato a rotolare sempre più velocemente e sempre più distanti dalle magie dell’infanzia, ma lo stesso quotidiano ha cominciato, dopo quei magici anni ’60, a sembrare più rocambolesco, più affannoso. Sono arrivati cosi gli “SMS” a corrispondere a quell’affanno, a quella velocità, negli anni ’90. Per cui si suole dire che la moda delle cartoline natalizie, con il suo valore di riunione famigliare e di affetto per i cari lontani, è stata travolta del freddo telefonino. E subito dopo sono giunti anche i medium con i cosiddetti social, da Whatsapp, a Facebook, a Messenger, sicché la comodità di lanciare messaggi nell’etere è tornata ad essere presente nel quotidiano dei giorni festivi. Si potrebbe dire, anche in questo caso, che i social hanno travolto a maggior uso e consuetudine il vecchio rito dell’invio delle cartoline natalizie, sostituendolo con un altro, più veloce e più immediato, istantaneo addirittura, e soprattutto comodo e praticamente gratuito. In realtà, credo che il rito della cartolina, della bella scrittura, della frase a volte stereotipata a volte creativa, del francobollo appiccicato con i metodi più o meno igienici, stesse già tramontando. Credo che quella moda da carosello, quel messaggio affidato al postino e agli uffici fumosi e odorosi di inchiostro e ceralacca, appartenesse ad uno di quei ben precisi momenti della storia della nostra umanità, ove si coltivava l’illusione che una cartoncino colorato potesse, in qualche modo, alleviare l’angoscia della lontananza dagli affetti che, per qualsiasi motivo, ma specialmente per lavoro, erano lontani. Passato il periodo bellico, infatti, l’emigrazione si era imposta soprattutto in Italia e in particolare nel meridione come fatto sociale totale, in grado di modificare le tradizioni e l’agire quotidiano. Poi quell’illusione è andata, passata, e il tempo tiranno si è ripreso quello spazio del quotidiano, anche fosse quell’unica serata festiva con la famiglia, con la cartoline sparse in mezzo alle bucce della frutta secca e dei mandarini. Con attenzione a non sporcarle, quelle cartoline, non sia mai. Comodità e economicità hanno dunque sostituito una ritualità, una liturgia affettiva e cortese in realtà di breve durata. Per fortuna che è arrivata la tecnologia, a sottrarci da quell’imbarazzo, dalla svogliatezza di ripetere un rito ormai deperito insieme all’evanescente moda che lo aveva creato, e che non poteva reggere il confronto con l’affanno e la velocità dei tempi moderni.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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