Babbo dice che Trapattoni era un difensore molto forte, ma da quella volta che marcò Pelé “non è servito più a nulla”. Quella volta che marcò Pelé era il maggio del 1963 e la partita era Italia-Brasile, stadio San Siro di Milano. Ci sono molti aspetti misteriosi di quella giornata: anzitutto il tre a zero (Sormani, Mazzola, Bulgarelli) rifilato dagli azzurri ad una delle nazionali più forti di sempre, poi la marcatura asfissiante cui Pelé non riuscì mai a sfuggire, così da ridurlo ad una prestazione anonima. A neutralizzare Pelé fu proprio il ventiquattrenne difensore milanista Giovanni Trapattoni. “Lo anticipava sempre”, dice sempre mio babbo. Perché mio babbo era a San Siro, quel 12 maggio 1963, anche se non ho mai saputo cosa ci facesse a Milano. Un altro mistero irrisolto di quel pomeriggio di 56 anni fa. “Lo anticipava sempre, Pelé non toccò palla, ma Trapattoni non giocò mai più una partita come quella”, raccontava babbo.
Però poi diventò l’allenatore, così come Gianni Agnelli era l’avvocato. Altri hanno vinto più di lui, ma la sua interpretazione sanguigna del ruolo per me resta ineguagliata. Ne avete visto un altro con pollice e indice chiusi ad anello ed infilati tra i denti per richiamare coi fischi i propri giocatori, come un pastore il proprio gregge sparso in mezzo ad un prato verde? La avete mai sentita da un altro una conferenza stampa in un tedesco imparato a sessant’anni, convocata apposta per insultare pubblicamente i propri giocatori?
Babbo ha compiuto ottant’anni l’8 marzo scorso, Trapattoni li compie oggi. Forse per me il Trap è sempre stato una figura mitica anche per questa sua coincidenza anagrafica con babbo. Uno è il mio padre biologico e il mio primo esempio, l’altro era una specie di padre sportivo, il leader della squadra in maglia bianconera che mi fece appassionare al calcio. Babbo m’insegnava la vita dicendo cosa andava fatto e cosa no, Trapattoni diceva quel che dovevano fare a gente come Causio, Scirea, Zoff, Cabrini, Bettega e Tardelli, prim’ancora di Platini, Rossi e Boniek. E quei campioni gli davano retta. Babbo e Trap sono persone normali che s’inventavano colpi da fuoriclasse.
Non ci potevo credere quando andammo a stare nella casa nuova, grande e bella e con tanta campagna attorno, dopo tanti anni in un misero e malconcio appartamento in una via buia del paese. Pensai che babbo dovesse essere un fuoriclasse, per essere riuscito a portarci in quella che appariva ai miei occhi di bambino come una reggia. Così come il 24 enne Trapattoni era riuscito a non far toccare palla a Pelé, quel 12 maggio del 1963, davanti agli occhi di un 24 enne giovanotto di Luogosanto. Gli auguri a babbo li ho già fatti l’8 marzo, al grande Giovanni Trapattoni li faccio oggi. Trap, l’allenatore.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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