Oggi il principe compie 71 anni. Le sue canzoni fanno parte della mia e di tante altre vite, le hanno percorse in lungo e in largo e lui, Francesco De Gregori, è miglior cantore delle mie emozioni. Più di De André, di Guccini, di Lolli. Più di tutti. Non so se per merito o per colpa ma sono cresciuto con lui, quasi rapito da alcuni testi “criptici” ed impossibili, divenuti parte della mia esistenza. L’ho conosciuto con una canzone poco degregoriana “Alice” e subito ho acquistato Theorus Campus dove sono stato illuminato da “signora Aquilone”. Da quel momento è entrato prepotentemente nella mia vita e nelle varie azioni. Mi sono innamorato di Carlotta con “Marianna al bivio”, ho cantato per mesi la bellissima “1940”. Poi “Cercando un altro Egitto” (la canzone più bella e impossibile del suo universo) e dolce amore del Bahia che divenne la colonna sonora di un mio libro (il piano zero). Quella Pablo cantata e ricantata urlando a squarciagola “hanno ammazzato pablo, Pablo è vivo”. Rimmel come cavallo di battaglia nelle serate in spiaggia con la chitarra e quella sdolcinata “buonanotte fiorellino” che piaceva tanto ad una mia amica. Ci fu poi l’apoteosi con Bufalo Bill e la magnifica Atalntide (ancora ho negli occhi una donna da me conosciuta che ricorda il crollo di una diga). Son riuscito a dare un bacio fragoroso sulle note dell’uccisione di Babbo natale e mi sono commosso (e ancora mi accade) ascoltando Festival, dedicata a Luigi Tenco. Poi la pausa da riflusso, quell’album “Viva l’Italia” dove, forse, non mi ci sono mai ritrovato moltissimo se non nell’immensa “terra e acqua”, ma lo amai perché lo amava Anna Rita e io amavo lei o ero convinto fosse amore, invece solo una parentesi. Nel 1982 Titanic (su tutte la magnifica “i muscoli del capitano”) fu l’album che ci accompagnò nei mondiali di Spagna, quel capolavoro di parole e sensazioni che rimane “La leva calcistica della classe 68”, quanto volte l’abbiamo cantata quando Cabrini sbagliò il rigore nella finale vinta e quante volte la ricanto ad ogni rigore sbagliato e ad ogni lacrima gettata dentro la passione.Poi scacchi e tarocchi, il rumore del terrorismo, il colore della furia ideologia spazzata via da una canzone bellissima e triste, così come quella dedicata a Pasolini “a Pà”. De Gregori è stata ed è la mia colonna sonora: son passato da Alice alla donna Cannone, da Caterina che gira per i tetti di Firenze a stella della strada, dal bandito al campione al rumore di niente. Questo è il principe, questa è un grande pezzo della mia storia. Auguri a lui e, di straforo, anche alla grandissima Fiorella Mannoia grande musa di Francesco De Gregori che, guarda caso, festeggia anche lei i suoi primi 68 anni. Grazie principe, grazie per le parole e per avermi permesso di ricamare storie nei silenzi dell’esistenza.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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