Nella resa umiliante davanti alle opinioni e alle tendenze culturali basate su niente in prima fila è la televisione. Ma incalzano anche alcuni giornali di carta e tante case editrici. Ho cioè idea che un settore editoriale elettronico e di inchiostro che sino a ora aveva resistito, stia uscendo dalla trincea con le mani sollevate. I social sono diventati un modello anche nei talk show più quotati. Io conduttrice o conduttore lo so che tu sei un intellettuale fatto d’aria, che non sei altro che una macchietta buffa che spara cazzate a raffica come la Schwarzlose degli austriaci che sterminava i sassarini all’assalto. E lo dimostro anche con palesi sorrisini di scherno che servirebbero a tenere le distanze. Ma ti invito, ti permetto di blaterare, di esprimere giudizi sulla crisi politica basati non si sa su quale analisi. Se l’audience è proporzionale al numero di libri venduti da questo intellettuale, è probabile che la parte del talk in cui compare sia quella più seguita. Ma io penso che inseguendo i meccanismi oscuri del consenso da social alla fine ci si sbatta il naso facendosi male. Gli utenti che scelgono soprattutto i sociali per formarsi opinioni travolgenti hanno in comune la caratteristica di essere molto affezionati a questi media. Sono facili da usare, permettono loro di intervenire se ne hanno voglia sfogando mille frustrazioni, permettono di costituirsi in enormi branchi, dando immediatamente la sensazione di fare parte di un gruppo avvolgente e protettivo. Quindi perché cambiare mezzo di comunicazione scegliendo una tv che cerca di imitare Facebook riuscendo a isolarne soltanto gli aspetti pesantemente negativi, rinunciando al proprio ruolo pedagogico e senza gli strumenti per dare almeno tutto ciò che di buono c’è nei social? E i media di carta che inseguono queste forme di consenso, cioè giornali ed editori di libri? Questi davvero non li capisco. Eppure dovrebbero sapere che la prima caratteristica degli utenti di questo tipo di informazione è quella di volerla a titolo assolutamente gratuito. Accetto che tu usi una lingua approssimativa, che i tuoi insegnamenti non siano basati su un percorso scientifico verificabile, che le tue notizie non sempre siano vere e che tu le porga con una gerarchia di importanza basata sulla pancia più che sulla testa, però non sborso un centesimo. Ma se tenti di parlare alla pancia della gente chiedendole anche soldi, boh, non so quanto a lungo funzionerà. Se hai intenzione di arrenderti, stai attento: il social non fa prigionieri.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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