Se vi foste fisicamente trovati sulla scena del video che oggi tutti commentano, cos’avreste fatto? Di fronte ad una ragazzina che ne umilia un’altra al cospetto di un gruppo di adolescenti consenzienti, minacciandola per giunta di morte, avreste tirato dritti per la vostra strada o avreste provato ad intervenire per difendere la vittima?
Vi sareste arrabbiati o no?
Lo scrivo perché ormai pare che persino indignarsi sia sbagliato. Perché pare di capire che il problema non sia tanto la violenza di certi comportamenti, ma il fatto che i social li documentino. I social, oggi, assolvono la funzione che è stata di Andreotti per decenni: li si può incolpare di tutto.
Dice: sono sempre successi i fatti di bullismo, ma prima non c’era Facebook a spettacolarizzarli. Certo che sono sempre successi, ma il fatto che siano sempre accaduti non toglie un grammo di gravità a quel che continua ad accadere.
Possiamo liquidare il bullismo come un inevitabile fatto statistico?
Dovremmo forse smettere di combattere la povertà o le malattie, perché esistono da sempre, o di perseguire gli omicidi, perché gente che ne ammazzava altra ce n’è sempre stata?
E quanto ai social, cosa c’è di spettacolare nella fredda documentazione di un pestaggio fisico e morale? Nulla, è un documento, la fotografia di una realtà.
Un conto è censurare la miseria intellettuale di chi propone pene corporali e altre gogne per i bulli – ponendosi esattamente sul loro stesso piano – un conto è dire che non vale la pena parlarne.
Eh no, cari miei, io conosco ragazzi che hanno avuto adolescenze rovinate dalle vessazioni subite per anni, spesso in silenzio, per paura di confidarsi. Se i social mi pongono il problema con la forza cruda delle immagini, io sono grato ai social.
E sono grato ai social anche perché mi permette di conoscere chi trova normale che una società civile possa trasformarsi, o essere sempre stata, una jungla.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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