Come molti galluresi, nei giorni scorsi sono andato a dare un’occhiata al nuovo centro commerciale aperto a due passi dall’aeroporto di Olbia. Il centro commerciale si può così descrivere: un grande piazzale asfaltato con tutta la sua complessa viabilità interna, avviluppata in tortuosi percorsi, poi i capannoni dei negozi tutt’attorno.
Un negozio che vende elettrodomestici, uno di articoli sportivi, uno di scarpe, uno di abbigliamento, a breve credo apriranno anche un ipermercato. Tutti marchi di grandi catene nazionali e mondiali. L’aeroporto è davvero a pochi passi, vedevo gli aerei atterrare e decollare con la frenetica cadenza del periodo estivo. E mi è venuta in mente questa domanda: se si facesse salire qualcuno su un aereo, in qualunque altro aeroporto italiano, lo si bendasse senza rivelargli la destinazione del volo, lo si facesse scendere a Olbia e poi gli si levasse la benda dopo averlo portato dentro questo centro commerciale, quante probabilità vi sarebbero che costui capisca di essere a Olbia e in Sardegna, anziché nella periferia commerciale di una qualunque altra città italiana?
Ora, non è che siccome siamo in Sardegna i centri commerciali devono avere la forma di nuraghe e si deve vendere solo bottarga, pecorino e carasau. Ma è anche vero che in genere il commercio prevede un indotto nel tessuto produttivo locale che, nel caso in questione, non potrà esservi. Non siamo il centro del mondo, ma poiché lo spazio nel quale viviamo ci appartiene, ci si chiede come e quanto possa beneficiare il territorio di quella vastissima area dedicata al commercio. Sarà sempre progresso, sarà sempre sviluppo quello dei capannoni disposti attorno ad un piazzale? Ci sarà chi farà notare che il nuovo centro commerciale ha prodotto qualche decina di nuovi posti di lavoro, altri diranno che il mercato si regola da solo e perciò, se questi marchi hanno deciso di aprire, avranno fatto i loro bravi calcoli.
Nessuno vuole sparlare del mercato onnipotente, ci mancherebbe!
Si vogliono solo portare delle osservazioni e dei dubbi, a questo pensiero unico secondo cui più centri commerciali ci sono e meglio è. Una precisazione, per chi non conoscesse Olbia. Il nuovo centro commerciale nasce a poche centinaia di metri da un altro centro commerciale, lo storico Olbiamare, aperto nel 1993 attorno alla Città mercato di Sergio Zuncheddu. Olbia ha 60 mila abitanti, dunque è poco più che un paesone, benché ipertrofizzato dal grande traffico turistico. Ad Olbiamare c’è già un megastore di elettrodomestici e elettronica, ci sono già negozi di articoli sportivi e, ovviamente, ci sono anche negozi di abbigliamento. Quante probabilità ci sono che quei posti di lavoro creati in più dal nuovo centro commerciale finiscano con l’essere cancellati dalla concorrenza spietata tra un polo e l’altro? Il mercato si saprà anche regolare da solo e i grandi marchi del commercio sapranno anche fare i loro conti, ma evidentemente quei calcoli sono spesso sbagliati o non riescono a tenere conto dell’imprevedibile mutare degli scenari, se è vero come è vero che ogni periferia industriale italiana e zeppa di capannoni commerciali dismessi e abbandonati. Quell’area è stata sacrificata al commercio, come già avvenne per Olbiamare un quarto di secolo fa. Mi chiedo: gli amministratori pubblici che sposano queste politiche dicono sì e basta? Oppure si pongono il problema di capire se la direzione da loro indicata sia quella giusta e quale sia la destinazione di comunità e territorio, proseguendo ad oltranza sulla strada dei capannoni attorno ad un piazzale? Infine, mi chiedo: ci sarà, prima o poi, un amministratore sfiorato e poi assalito dal dubbio, tentato dall’idea di dire no, sostenuto nella sua decisione contraria da una comunità consapevole?
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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