Quale regione, oltre la Sardegna, può vantare ben due presidenti della Repubblica? Antonio Segni è stato il primo. Nato a Sassari il 2 febbraio 1891, da una ricca e nobile famiglia di latifondisti, appartiene a quella élite del Capo di Sopra di cui facevano parte anche i Berlinguer e i Cossiga, tutti legati da rapporti di parentela più o meno stretti. Aveva 29 anni quando divenne docente di diritto processuale civile all’Università di Perugia, e, come tutti gli intellettuali agli inizi del Novecento, affiancava alla carriera universitaria l’attività politica. Con l’avvento del Fascismo preferì abbandonare la politica, che riprese nel 1943, quando lo ritroviamo tra i fondatori della Democrazia Cristiana, di cui diviene l’uomo di punta in Sardegna. Entrerà a far parte della prima Consulta regionale e verrà eletto nell’Assemblea Costituente. Inizia così la sua carriera politica che lo vedrà ricoprire ruoli di primo piano nei vari governi succedutisi a partire dal 1944: Sottosegretario all’Agricoltura e Foreste sotto i governi Gullo, Bonomi, Parri e De Gasperi. Ministro dell’Agricoltura dal ’47 al ’50, sotto i vari governi De Gasperi (sua la Riforma Agraria del ’50 che gli aveva inimicato gran parte della classe latifondista meridionale, militante della stessa DC); Ministero della Pubblica Istruzione nel ’51, fino all’elezione di Gronchi alla Presidenza della Repubblica, quando gli viene affidato il primo incarico di capo del Governo; Presidente del Consiglio dunque, di un governo di cui facevano parte socialdemocratici e liberarli, messo su dall’ala conservatrice della DC (guidata da Scelba, Andreotti e Pella) per contrastare l’apertura al Partito Socialista che Fanfani caldeggiava. Anni di dure lotte all’interno della Democrazia Cristiana, lotte tra l’ala conservatrice cui apparteneva Segni, Andreotti, Pella, Scelba e quella progressista che riteneva maturi i tempi per l’ingresso nel Governo del Partito Socialista di Pietro Nenni. Tuttavia l’avvicinamento del PSI al governo è ormai un fatto incontrovertibile e Segni partecipa all’evoluzione della Democrazia Cristiana in chiave centrosinistra: lo troviamo, infatti, ministro sia nel governo Tambroni, sia nei successivi governi guidati da Fanfani, nei primi anni sessanta, che si reggono sulla “benevola” astensione del PSI e che si faranno carico di attuare quella che è considerata la modernizzazione dell’Italia: le nazionalizzazioni delle principali aziende elettriche e l’estensione dell’obbligo scolastico ai tre anni di scuola media. Sono gli anni in cui si prepara l’ingresso nel governo del Partito Socialista, con la sua carica riformista, e proprio nell’ottica di arginare quest’ascesa, di bilanciare le spinte riformiste che il PSI persegue, l’ala più conservatrice della DC riesce ad imporre il 6 maggio 1962, Antonio Segni alla Presidenza della Repubblica. Il sardo Antonio Segni, che, dietro le apparenze dell’uomo mite, nascondeva una ferma volontà di opposizione all’ammodernamento del paese e alle riforme strutturali caldeggiate dal PSI, da La Malfa, e da una consistente ala della stessa Democrazia Cristiana. Non solo, come emergerà da un’inchiesta giornalistica dell’Espresso, la spinta riformatrice è stata frenata sia dalla volontà e dall’attività politica di Segni e dell’ala conservatrice della DC, sia soprattutto dal tentativo di colpo di stato organizzato dal generale De Lorenzo, che prevedeva l’arresto e la deportazione in Sardegna dei massimi esponenti della sinistra, dei rappresentanti sindacali e addirittura la restrizione dei diritti civili e politici dei cittadini (il Piano Solo). Il colpo di stato non vi fu, ma il “rumor di sciabole” fu percepito. Tanto bastò a frenare la spinta riformista e a restaurare il conservatorismo caro al Quirinale, alla Banca d’Italia e al Vaticano. Il 7 agosto del 1964, pare durante un’accesa discussione con Saragat, Segni fu colpito da ictus cerebrale. Le sue condizioni imposero, nei dieci giorni successivi, l’affidamento a Merzagora della supplenza e, perdurando lo stato di impedimento, Segni fu costretto alle dimissioni il 6 dicembre del 1964. Morirà il 1° settembre 1972.
Nata quasi a metà del secolo scorso, ha dato un notevole impulso, giovanissima, all'incremento demografico, sfornando tre figli in due anni e mezzo. La maturità la raggiunge a trentasei anni (maturità scientifica, col massimo dei voti) e la laurea...dopo i sessanta e pure con la lode. Nonna duepuntozero di quattro nipotini che adora, ricambiata, coi quali non disdegna di giocare a...pallone, la sua grande passione, insieme al mare.
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