Il 21 gennaio del 2016 era un giovedì e Antonio Razzi è stato eletto segretario della Commissione Esteri ed emigrazione del Senato.
L’ho appreso mentre, a Pomeriggio cinque, Barbara D’Urso lanciava lo speciale sui fenomeni paranormali segnalati nella casa di Raimondo Vianello e Sandra Mondaini: televisori che si accendono per conto loro, docce che si animano liberando il getto all’improvviso.
La nomina di Razzi non è ascrivibile all’indeterminato dei fenomeni paranormali, poiché Razzi è segretario uscente della stessa Commissione Esteri: è quindi un fatto, scientificamente provato, dimostrabile, ha una sua dinamica chiara e si ripete ciclicamente come lo scioglimento del sangue di San Gennaro e la messa in onda di Pomeriggio cinque.
Le commissioni parlamentari riproducono, in piccolo, le due Camere del Parlamento: tutto quel che arriva in Aula passa prima dalla commissione che discute, valuta, spulcia ogni provvedimento, in un certo numero di casi con potere di legge. Il segretario della Commissione è incaricato di ratificare la correttezza della procedure, garantendo la regolarità delle sedute. In un certo senso, al segretario è riconosciuta un’autorevolezza maggiore rispetto a quella dello stesso presidente.
Torniamo alla notizia: Antonio Razzi è stato eletto segretario della commissione Esteri e avrà molta voce in capitolo sulle questioni relative ai rapporti diplomatici dello Stato italiano. Quando gli ambasciatori riferiranno in commissione sul ruolo dell’Italia nello scacchiere internazionale, per dirne una, avranno di fronte ad ascoltarli Antonio Razzi. Me lo immagino proprio, Razzi, nelle vesti di controllore della nostra politica estera, oppure a rappresentare al Parlamento europeo le ragioni dell’Italia sull’epocale emergenza migranti.
La tentazione di ironizzare è quasi irresistibile, ma sarebbe una reazione scontata e superficiale. Invece io in questa designazione ci vedo un motivo di speranza, una ragione per concedere altra fiducia alle nostre dileggiate Istituzioni repubblicane.
Non tutti siamo tenuti ad essere dei geni, non tutti abbiamo potuto studiare, conseguire una laurea, imparare l’italiano. Non sempre i nostri figli sono cresciuti come li avremmo voluti. Gli insegnanti ci dicono che sono intelligenti ma non si applicano, ma ci sarà anche una fisiologica percentuale di alunni che a scuola vanno male perché, pur applicandosi assai, sono tonti, non ci arrivano.
Io, ad esempio, sono tonto. Quando la trama di un film s’infittisce mi ci perdo, sono del tutto sprovvisto di senso dell’orientamento e quando a scuola i compagni più smaliziati mi chiedevano “pesa più un chilo di paglia o un chilo di piombo?” io sceglievo l’opzione due. Sono tonto ma non la considero una colpa, rivendico il diritto di esistere e di godere dei miei diritti civili.
Per questo sapere della conferma di Razzi a segretario della Commissione Esteri del Senato mi rallegra. Dovrebbe riempire di fiducia e restituire autostima a tutti coloro che non hanno avuto modo di curare la propria maturazione intellettuale o a quelli che, pur potendo, non ne hanno i mezzi strutturali, cioè sono tonti.
Antonio Razzi dimostra che tutti possono diventare figure di prima grandezza delle nostre Istituzioni, almeno quanto Barbara D’Urso ha dimostrato che tutti possono fare televisione. Razzi ci sta lasciando questo prezioso messaggio. Facciamone tesoro, magari dopo averne corretto i congiuntivi.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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