Mi dice l’ottimo libraio di Sassari Aldo Addis che in quanto a vendite “Perché siamo antipatici?” non dimostra la sua età. Il libro del sociologo Luca Ricolfi sul “razzismo etico” della sinistra venne stampato da Longanesi nel 2005, che ora ti sembra un’altra era: quando Berlusconi non aveva ancora i capelli, quando se dicevi 5 Stelle uno pensava a una slot machine e quando Salvini ai convegni se riusciva a vedere Bossi da vicino poi lo raccontava in famiglia vantandosene. Nella sinistra c’era una imponente presenza di D’Alema, che simpatico non è, ma Ricolfi non ce l’aveva con lui, ce l’aveva con tutti noi. Ora non so quale categoria di lettori continui in uno stillicidio ininterrotto di riedizioni a comprare “Perché siamo antipatici?”. Aldo Addis mi dice che è un pubblico eterogeneo con una certa prevalenza di giovani. Ci credo, noi vecchi lo abbiamo già letto. Quelli che di noi sono di sinistra però non lo hanno digerito. Io a esempio ce l’ho ancora sullo stomaco da tredici anni, come l’aglio, che è un alimento sincero, sano, naturale, necessario per strutturare un fottio di piatti della nostra cucina, ma se ne mangio poco più che un aroma, mi si rigira in pancia sino all’indomani. Ecco, il mio senso di colpa mi è necessario ma indigesto come l’aglio. Io anche il 4 marzo della sconfitta, come sempre, ho votato a sinistra (Dice, quale sinistra? Pd, Leu, Potere al popolo? Cazzi miei: a sinistra), però avvertivo borborigmi autocritici di natura ricolfiana. Non è che mi rimproverassi di votare per degli antipatici, mi sentivo io stesso parte della categoria e, nel mio piccolo, corresponsabile di un disastro ampiamente annunciato già mentre triste, solitario y final consegnavo la scheda. L’analisi di Ricolfi è prerenziana e lo scanzonato Renzi, dopo, ha detto in giro che lui voleva superare l’immagine della sinistra antipatica. Non c’è riuscito neppure per le balle. Anzi, all’antipatia congenita della nostra banda ha aggiunto certi elementi di novità che facevano dire alla gente: adesso oltre che essere antipatici quelli lì non sono più neanche ideologicamente puri. E quindi ‘sto Ricolfi, gira gira, è straordinariamente attuale. Innanzitutto perché a distanza di un bel po’ di giorni dal voto se parlo con i reduci di Waterloo non riesco a sentire altro che “analisi del voto”. E basta, che cazzo! Avete, anzi, abbiamo perso, ora parliamo della prossima volta. Niente da fare. Soltanto “analisi del voto” basate, metodologicamente e pervicacemente, sui punti che secondo Ricolfi ci rendono antipatici: 1) io mi rivolgo soltanto al meglio del Paese 2) noi sappiano tutto e tu non sai niente; 3) io mi abbasso a parlare con te ma tanto lo so che non mi capisci; 4) tu non sei una persona perbene come lo siamo noi. Da notare che al punto 4 siamo stati imitati e superati da un noto movimento che alle elezioni ha stravinto. Significa che quello è un atteggiamento vincente? Secondo me significa che se non ci stanno attenti anche loro diventeranno antipatici. Ma non è che la cosa mi consoli.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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