Mentre in Italia, da Palermo ad Aosta, si leva un coro di vibrante protesta per i sacchetti della frutta a due centesimi, nella provincia di Sassari dove si spendono mediamente 1172 euro a testa per il gioco d’azzardo (dati del Sole 24 ore) si scatena l’entusiasmo per la zona franca istituita con editto del Comune di Giave, dove la sindaca ha ordinato (inascoltata) alla compagnia petrolifera di levare le tasse dalla benzina. È sempre più frequente il ricorso di questi piccoli amministratori all’uscita ad effetto, all’annuncio roboante ma spesso fondato sul nulla. Va di pari passo con questa incultura, sempre più diffusa, secondo cui alle regole condivise – non necessariamente eque, sia chiaro – vada preferito il “noi facciamo come ci pare”, a nostro gusto, ma si allinea anche alla tendenza a sostituire al ragionamento e alla analisi approfondita dei temi l’appello o la provocazione, quasi sempre destinati a cadere nel vuoto. Proprio di appelli di sindaci, in realtà, vorrei scrivere oggi. Qualche settimana prima di Natale il sindaco del mio paese, Arzachena, aveva lanciato un appello ai commercianti della frazione di Porto Cervo affinché aprissero le loro attività, scongiurando lo spettacolo indecente di un così prestigioso villaggio turistico dalle sembianze spettrali, vuoto e inanimato, come sempre accade nel periodo invernale. Un problema vecchio quanto la stessa Costa Smeralda, insolubile quanto l’enigma dell’allungamento della stagione, sul quale il sindaco Ragnedda ha detto la sua rimettendosi alla buona volontà degli esercenti. L’invito era stato ripreso con titoli a caratteri cubitali dai giornali e qualcuno, tra i titolari di attività, aveva garantito la propria disponibilità, cosicché si era diffuso un certo entusiasmo nel tam tam sui social: “Vuoi vedere che finalmente avremo una Costa Smeralda viva anche a Natale?”. Vabbè, poi la notizia è un po’ sfumata di interesse e se ne sono perse le tracce. Allora io sono andato a Porto Cervo, due giorni prima di Capodanno, per dare un’occhiata e vedere se a quell’entusiasmo fossero corrisposti dei fatti. Non ho trovato un solo negozio aperto, ma vetrine foderate da vistosi annunci che danno l’appuntamento ai clienti alla nuova apertura, in un’imprecisata data della prossima primavera. Mi ha colpito l’insegna avvolta nella plastica di Louis Vuitton (ricordo che molti anni fa quella di Cartier, in Piazza degli Archi, veniva rimossa e portata via a fine stagione, essendo di materiale pregiato). Quando al ragionamento e agli argomenti si sostituiscono preghiere e suppliche, quando si preferisce l’annuncio tanto per farlo alla politica intesa come comprensione delle cause dei fenomeni e sintesi, ecco che il risultato è un bel nulla. Il sindaco di un piccolo Comune che chiede un atto di generosità a gente che si chiama Louis Vuitton, Prada, Versace, Bulgari, Gucci e Valentino è più o meno la stessa cosa di una sindaca che vorrebbe imporre il prezzo della benzina alla grande compagnia petrolifera proprietaria della stazione di servizio ricadente nel suo Comune. Non basta avere ragione per rendere il mondo più giusto. Bisogna sapere come aggiustarlo, oltre agli annunci.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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