Una notte di tanti anni fa (era forse il 1990) mi capitò il seguente episodio. Con i miei amici stavo scendendo lungo le dune di Bassa Trinita, a La Maddalena, per una delle tante spiaggiate di quell’estate. Ognuno di noi portava giù qualcosa: chi una chitarra, chi delle bottiglie di vino, chi solo la sua voglia di incanto notturno e le sue ambizioni carnali. A me, quella sera, toccò di scendere con un’anguria. Conoscevo il percorso a memoria ed ero in grado di completarlo, sia da sano che da brillo, con qualunque condizione meteo e di luminosità. I miei amici lo sapevano e ritenevano che l’anguria potesse dirsi al sicuro. Era una notte bellissima, piena di stelle e senza luna. Le luci delle barche sotto costa alle vicine isole erano l’unico segno evidente di presenza umana. Per il resto eravamo solo noi, il nostro casino allegro e quella natura meravigliosa che tutti conoscono. A un certo punto le dune finirono e ci ritrovammo in spiaggia. Fui tra i primi ad arrivarci; mi spingeva il desiderio di consumare un’altra notte spettacolare tra musica, vino, risate ed altri piaceri che non è il caso qui di elencare. Era tutto perfetto, talmente perfetto da far perdere il controllo di sé. Fu forse per questo che sentii il bisogno di liberare quella voglia di vivere che mi bolliva dentro, sfogando le mie energie su ciò che avevo di più prossimo in quell’istante: caricai le braccia ed emulando la scimmia antropomorfa di 2001 Odissea nello spazio, lanciai l’anguria verso le stelle, intenzionato a riprenderla al volo. Solo quando il voluminoso frutto si staccò dalle mie mani, realizzai che era talmente buio da occultarmi del tutto la traiettoria descritta dal bolide zuccherino.
Vittima di terror panico, iniziai a far oscillare le braccia come faceva Bebeto quando segnava un goal.
Purtroppo non riuscii a evitare la catastrofe: l’anguria mi passò tra le braccia saettando e si spiaccicò a terra frammentandosi in più pezzi.
Forti furono le contumelie rivolte al mio indirizzo dagli amici, che a quel punto ritirarono la fiducia che avevano manifestato affidando a me l’unica anguria disponibile di quella sera.
Lavare in mare tutto ciò che riuscii a ripulire dalla sabbia fu pressoché inutile; quella sera fui l’unico a mangiare (molta) anguria salata e pesta, per non dire dei granelli di sabbia ingeriti o incastratisi tra i denti, che continuarono a far sentire la loro presenza in varie regioni del mio organismo per diversi giorni a seguire .
Ecco, per tornare all’attualità, se io quella notte, anziché darmi del coglione prima che lo facessero i miei amici, mi fossi messo a inveire contro di loro evocando complotti e poteri forti a cui addossare la responsabilità dell’accaduto, avrei anticipato di ventinove anni quello che Salvini sta facendo oggi quando parla della caduta del Governo che lo vedeva Leader indiscusso.
Perché quando ci si sente invincibili, una coglionata è sempre un rischio da considerare. Ma pensare di darne pure la colpa a chi ha seguito tutte le tue mosse, quello è da fuoriclasse della coglioneria. Bacioni.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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