La piazza vince su tutti. La piazza fomenta, ruggisce, la piazza virtuale si muove contro i presunti colpevoli, contro un intero paese, oscilla e ondeggia vomitando mail, insulti inenarrabili, minacce di morte. Tanto che alla fine di luglio del 2019 il comune di Bibbiano finisce sotto scorta. Le minacce e le lettere minatorie contro i dipendenti comunali costringe alla vigilanza dei carabinieri e polizia: uno stazionamento quotidiano davanti al municipio, alla sede del PD e alla sede dei servii sociali dei comuni della val d’Enza. La decisione è del Questore Antonio Sbordone. La notizia si trova su molti giornali locali, tra cui il Corriere di Bologna che segue con attenzione il caso.[1]La piazza costruisce la scena: sceglie i gladiatori, le belve, sceglie lo spettacolo e chiede che tutto ciò accada, chiede con forza che gli imperatori decidano con il loro dito rivolto verso il basso la condanna di chi è finito al centro dell’arena. La piazza urla e si contorce, non sa, in realtà, cosa stia capitando in quel comune, non sa con precisione quali siano i capi di imputazione, non sa chi siano gli indagati, non sa perché lo siano. Si sceglie di non ascoltare, di non leggere, di non provare a comprendere un sistema piuttosto complesso come quello degli affidi. Lo sa bene la politica che alimenta la piazza attraverso comunicati, prese di posizione. L’allora vice premier Matteo Salvini tuona con una certa sicumera affermando che occorre “rivedere l’intero diritto di famiglia” quasi a voler far passare sottotraccia ed in maniera quasi sublimale che tutto è marcio, che la questione degli affidi è un business e che in questo sporco raggiro, questo terribile sequestro di bambini c’entra in qualche modo la politica e, guarda caso, c’entra il partito a lui avverso. Anche nel corso del question time, in Senato, il ministro Buonafede dichiarava che mercoledi 31 luglio si sarebbe riunita la squadra speciale per “il monitoraggio capillare sugli affidi in tutto il territorio e la creazione di una banca dati su procedure di affido e di adozione”. [2]Il 17 luglio appare sul quotidiano “La notizia” un interessante articolo a firma di Fausto Tranquilli[3] che prova ad analizzare seduto sulla panchina del dubbio il caso Bibbiano. Il riassunto redazionale in prima pagina dell’editoriale è chiaro e pone subito una serie di riflessioni: “Non c’è omertà nel silenzio su Bibbiano. Piuttosto la volontà di tutelare i bambini strappati illegittimamente alle proprie famiglie. Ecco perché giornali e TV stanno parlando poco di un caso che inquieta il paese.“Sembra essere una prima risposta a quella domanda incessante, divenuta trend-topic nelle settimane della bufera e utilizzata da molti politici con l’hastag #parlatecidibibbiano. E’ il punto nodale, la richiesta delle richieste, la voglia di capire, di scoprire la verità e l’accusa neppure troppo velata che molti giornali considerati di “sinistra” e quindi molto vicini al Partito democratico vogliano insabbiare il caso. L’articolo di Fausto Tranquilli merita attenzione perché è intellettualmente oggettivo e parte da una serie di dubbi che sempre dovrebbero coesistere quando si tratta di accuse da provare. Dubbi che si diramano e che diventano capi d’accusa e quindi finiscono sulla parte sinistra della lavagna giuridica o, invece, sono smentiti da prove contrarie e vengono inseriti a destra. Alla fine, seppure con una ulteriore serie di distinguo, si dovrà operare una sorta di analisi di ciò che è finito a sinistra e di quanto, invece, è a destra (possiamo anche decidere per una linea orizzontale e mettere le prove a favore sopra e quelle contro sotto o viceversa, purché non si pensi a distinzioni politiche). Fausto Tranquilli, da subito, ci pone un quesito e non di poco conto: “Si fa presto a dire Angeli e Demoni. Quasi impossibile trovare due parole di maggior impatto per dare un nome ad un’inchiesta delicatissima su minori tolti alle loro famiglie e dati in affidamento, sospettando che i piccoli siano stati indotti a raccontare violenze mai subite per considentire così l’allontanemento dai loro genitori. Se poi viene aggiunto il particolare che ai bambini sarebbe stato fatto anche l’elettroshock per modificarne i ricordi, l’orrore peggiore, quello che colpisce la pancia del Paese, prende forma”.[4]Certo, si fa presto a dire Angeli e Demoni e si fa presto a dire Caino e Abele. Non sempre però le circostanze ci aiutano a scegliere nella maniera più oggettiva quale debba essere la parte migliore: dove, insomma, dobbiamo scrivere la nostra benedetta nota, se a destra o a sinistra, se sopra o se sotto. Si fa presto a chiedere che il pollice dell’imperatore possa andare verso l’alto e diventare Angelo e Abele o girare verso il basso verso l’inferno del demone e nel luogo oscuro dove soggiorna Caino. Si fa presto a condannare e, a dire il vero, si fa anche molto presto ad assolvere. Più difficile effettuare la scelta con calma, alla luce di ragioni che prima non si conoscevano, prove che si dissolvono o presunte innocenze che diventano, come d’incanto, utili e definitive per determinare la condanna. Si fa presto a decidere in quale solco si debba sistemare un fatto, una storia, un uomo. Si fa presto a dire “puttana” alla ragazza albanese costretta da dei farabutti a prostituirsi sulle strade per riscattarsi il proprio passaporto; si fa presto ad osannare il Direttore di una banca sempre sorridente che, invece, è quello che vi ha consigliato obbligazioni spazzatura e che vi porteranno alla rovina. Chi è in questo caso l’angelo e chi il demone? Si fa presto ad etichettare qualcuno o qualcosa: i siciliani mafiosi ma tra i siciliani ci sono stati – solo per fare qualche esempio – Piersanti Mattarella, Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia. E i napoletani? Tutti camorristi, è chiaro. Anche Eduardo De Filippo, Benedetto Croce, Massimo Troisi e, per finire, anche Totò.I sardi, poi, non ne parliamo: terribili sequestratori. Peccato tra i sequestrati c’erano dei sardi come Puppo Troffa, solo per fare qualche esempio. E tra i sardi ci sono persone come Emilio Lussu, Antonio Gramsci, Enrico Berlinguer. Quanti siciliani, napoletani, sardi sono seduti sulla panchina di Caino? Non tantissimi, sicuramente molto meno della totalità di quelle popolazioni. Il nostro voler gridare sempre “sono tutti uguali”, “meglio non fidarsi”, “qualcosa l’avranno pur fatta”, questo nostro voler continuare a massaggiare note sbagliate, utilizzare pentagrammi obsoleti, scientificamente errati, sociologicamente sballati, antropologicamente fuori misura, non ci porterà mai alla scoperta della verità. Così, quando si grida “parlateci di Bibbiano” non vogliamo sentire la verità ma vogliamo continuare a credere che il bene sia tutto da un lato e il male dall’altro. Chi utilizza, alzando la voce, la locuzione “parlateci di Bibbiano” non sta cercando la verità. Vuole solo mischiare le carte, giocare sulla polvere, creare un nemico da odiare, un Caino qualsiasi senza voler giungere, attraverso un’analisi oggettiva, a quella verità che, badate bene, può condannare – così come la richiesta del GIP – i ventisette imputati. A farlo però dovrà essere un tribunale che agisce in nome del popolo italiano e non un semplice tribunale del popolo che, come l’imperatore al Colosseo, decide in un attimo chi deve essere Caino e chi Abele, chi è Angelo e chi è Demone. Chi deve sopravvivere e chi deve soccombere. Non è importante parlare solo di Bibbiano è necessario comprendere cosa è accaduto veramente a Bibbiano. Solo così il parlare ha un senso. Solo così l’analisi potrà trovare le risposte che non devono essere quelle che noi speriamo. Non stiamo giocando alla ruota della fortuna. Le risposte devono essere ancorate il più possibile alla verità. Questo è quello assolutamente necessario. Ed ecco perché ci vuole delicatezza, attenzione, perché parlare di Bibbiano significa parlare di famiglie, di minori, di abusi, di scelte politiche e sociali. Parlare di Bibbiano significa, soprattutto, analizzare, con la testa e non con la pancia, il sistema paese. Scrive ancora Fausto Tranquilli: “Sui social, nelle piazze virtuali dove quotidianemente trovano purtroppo libero sfogo anche gli istinti peggiori, da giorni c’è chi solleva interrogativi sui silenzi attorno all’inchiesta in corso a Reggio Emilia, che a fine giugno ha visto i carabinieri mettere sedici indagati ai domiciliari o sospenderli dall’esercizio della professione, ipotizzando che nell’Unione Val d’Enza, che raggruppa sette comune, fosse stato creato un sistema per togliere illecitamente i bambini alle loro famiglie, dandoli in affidamento, e gestire illecitamente fondi pubblici. Andando ad analizzare quel silenio, cercando delle spiegazioni, emerge qualcosa di diverso dal complotto o dal tentativo di molti professionisti di voler difendere il PD essendo indagato anche un sindaco dem. I giornalisti, che hanno l’obbligo di essere particolarmente cauti quando si occupano dei minori (…) hanno evitato strumentalizzazioni, a partire da quelle poliche, e un’ulteriore violenza a bambini già finiti in vicende terribili. Con buona pace di sovranisti e populisti. Ben presto è emerso che i piccoli non sarebbero sottoposti ad alcun elettroshock e che il sindaco era indagato, ma per abuso d’ufficio e falso relativamente alla concessione di alcuni locali per la psicoterapia.”[5]
[1] “Bibbiano, troppe minacce. Il comune e il Pd finiscono sotto scorta”, di Margherita Grassi, Corriere di Bologna, pagina 1 e rimando a pagina 5. 26/7/2019.
[2] ibidem
[3] “Bimbi tolti ai genitori a Bibbiano. Ecco perché la stampa è cauta”, di Fausto tranquilli, La notizia. Pagina 1, rimando pagina 7
[4] Fausto Tranuqilli, ibidem
[5] Fausto Tranquilli, ibidem
undicesima puntata. Continua
Vi parliamo di Bibbiano. Le precedenti puntate:Prima puntataSeconda puntataTerza puntataQuarta puntataQuinta puntataSesta puntata settima puntata ottava puntatanona puntatadecima puntata
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Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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