Credo nei regali di Natale.
Mi piace dare fondo alla mia smania consumistica, le attese di chi riceve per sapere cosa mai gli toccherà e di chi dona per interpretare la reazione del beneficiario.
Se quest’anno potessi, regalerei delle scuse che da una vita attendo di poter chiedere.
Nelle scuse c’è dare e ricevere: stai regalando a qualcuno la dose di ragione che in un primo tempo gli avevi negato, ma allo stesso tempo lui le deve accettare e deve regalare a te questa concessione.
Primo lustro degli anni ottanta, io ragazzino delle scuole medie.
La professoressa di Educazione tecnica era una signora toscana educata e dignitosa. Me la ricordo alta e magra – ma può darsi che così mi apparisse solo in proporzione alla mia statura di allora – con un taglio di capelli maschile e frequentemente coperta da un impermeabile da investigatore.
Era una donna buona di cui ci prendevamo gioco, approfittando della sua mitezza: diceva “io lo fo”, anziché “io lo faccio”, e noi non mancavamo di farglielo notare, canzonandola.
Quella mattina ci stava spiegando la composizione delle rocce delle montagne sarde. Sulla lavagna scrisse un elenco di minerali e per ciascuna di queste pietre fece un esempio: quella roccia la trovate in quella certa zona della Sardegna, quell’altra è più frequente al sud e via dicendo.
Dovendo parlare del calcare ebbe un’esitazione. Col mozzicone di gesso tra indice e pollice ci confidò che il giorno prima, in un’altra classe, era inciampata in un refuso: nello scrivere “calcare” alla lavagna si era scordata l’unica elle contenuta in quella parola.
Non tutti colsero subito.
Ma quando la risata dei primi esplose fragorosa, anche i disortografici degli ultimi banchi si sentirono autorizzati a riderle sguaiatamente in faccia.
E io mi ricordo questa povera donna costernata, umiliata dalla nostra reazione, incapace di ripristinare l’ordine, come se la sua autorevolezza di docente – giù ferita dal clamoroso errore – fosse stata definitivamente abbattuta dall’impertinenza dei mocciosi che eravamo.
Non voleva farci ridere, cercava conforto. Ma da quei ragazzini, spietati e inesorabili, non ne ebbe.
Quando tornai a casa, mi pentii amaramente di avere riso.
E la delusione di quella donna l’ho ancora oggi negli occhi, a cinquantuno anni.
Non so se sia viva e non so se possa leggere queste righe.
Però per Natale volevo regalarle le mie scuse, tardive ma sincere.
Spero lei mi regali il perdono.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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