Quando ero piccolo, una volta al mese mio babbo mi portava per fontane. Ricordo tristi pomeriggi d’autunno, oppure d’inverno, alle soglie del buio precoce di quella stagione, passati in macchina per andare alla fontana e fare il carico d’acqua. Una mezza dozzina di bidoni da venti litri e la damigiana verdastra da cinquantaquattro, coperta dalla cintola in giù da un vestito di paglia intrecciata. Non so perché babbo mi portasse con sé, dopo essere tornato dalla sua giornata in camion. Forse perché voleva compagnia.
Mi scocciava lasciare cartoni animati, telefilm o giochi della mia infanzia per andare alla fontana. Ma non potevo sfuggire a quell’obbligo.
Cambiammo fontana tante volte. La prima che ricordo era quella alla piazzola de Le Rocce Sarde, sulla strada tra San Pantaleo e Portisco. Sono abbastanza sicuro di esserci andato con babbo quando lui aveva ancora la 124 special verde. Verde bottiglia, naturalmente.
Poi ci fu il tempo di Fundu di Monti, alle pendici del Limbara. La cosa si faceva seria, perché era una trasferta di oltre quaranta chilometri, attraverso una strada non esattamente scorrevole. Ma avevamo la Jetta millesei a iniezione meccanica, ci si arrivava in un baleno. (Era verde anche la Jetta). Quindi La Filetta di Luogosanto e Lu Sfussatu, sulla strada tra Luogosanto e Tempio, vicino ai vigneti di Siddura.
La gente aspettava in fila il proprio turno, chiacchierando del più e del meno. Spesso erano attese lunghissime. Dipendeva dalla quantità di bidoni che l’utente si era portato appresso e dalla portata della fontana, che variava a seconda del periodo. Solo una volta sentii uno protestare, perché il vecchio che lo precedeva aveva da caricare almeno trecento litri d’acqua. Il vecchio, serafico, si limitò a far notare che lui aveva aspettato tutti il pomeriggio: gli altri gli diedero ragione, non era il caso di far polemiche, e l’altro s’affosciò, rassegnandosi.
Sono anni che non vado per fontane e quindi mio figlio non ce l’ho portato mai. Dubito, comunque, che mi seguirebbe. Ma il problema non si pone, perché io l’acqua la compro al supermercato, in bottiglie di plastica da due litri, riempite da qualche stabilimento di non so nemmeno dove. Risparmio un sacco di tempo di cui non so cosa fare.
L’altro giorno, passando in bicicletta a Lu Sfussatu, mi sono ricordato di quei pomeriggi spesi a fare il carico d’acqua. Mi è venuta tanta nostalgia e, in mente, questo pezzo.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.018 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design