A me questa storia di Andrea Zanardi piace moltissimo. Lui non è un uomo. E’ un romanzo dove ogni tanto si aggiunge un nuovo capitolo. Non bastava l’incidente nel 1993 nel gran premio del Belgio, dove riportò un edema cerebrale e si allungò di tre centimetri per la tanta forza che si scaricò sulla colonna vertebrale. Non bastava un altro ribaltamento, sempre in Belgio, e non bastava la perdita di entrambi gli arti inferiori a Lausitzring, nel 2001, nello stato di Brandeburgo, in Germania. No. Evidentemente non bastava. E non bastava neppure che gli avessero somministrato l’estrema unzione. A lui, figlio della velocità. Cominciò una nuova vita, aggiunse capitoli al suo romanzo e, senza gambe, cominciò a correre in handbike, vincendo titoli olimpici che l’anno prossimo difenderà a Rio, alle paraolimpiadi. Lui non si ferma mai. Lo giurò in quel letto di Berlino: “Mi chiamo Zanardi e mi rimetterò in piedi”. Stavolta, il capitolo del nuovo romanzo prevede la 24 ore di SPA, il circuito del Belgio, quello dove, appunto, ha avuto due incidenti. Ma lui ha già dato. E non è una questione di fortuna, ma di passione. Se avete visto alcune puntate di “storie” su rai3 condotte da lui, capirete perché Alex Zanardi può permettersi a quasi cinquant’anni di salire su una BMW per correre in una corsa massacrante. Ci saranno degli accorgimenti tecnici, ci saranno alchimie elettroniche, ma non basta per spiegare questa voglia terribile di correre, di vedere sempre il traguardo con un vento eterno e irripetibile.
Lo Zanardi lo scorgi dagli occhi e dal sorriso che invade la pista, che addolcisce le curve. Lui non insegue la velocità: lui è la velocità. Quel vivere ai margini del burrone, quella voglia incontenibile di capire cosa significa partire con l’inconsapevolezza di non sapere se si può arrivare; quel suo raccogliere i cocci tra le piste del mondo, rimettersi in sesto partendo dal sorriso e da quella incredibile sfacciataggine dipinta nel volto e nel nome: “Sono Zanardi” e vi dovrebbe bastare. Non è semplice misurarsi con i propri limiti e provare a superarli, non è facile rispondere, come in un film, alla domanda: “Perché la BMW ha scelto proprio lei?” Già, perché hanno assunto un uomo segato in due? “Potevano scegliere Brad Pitt, invece hanno scelto me”. Così. Semplicemente. Lo Zanardi non si inventa su due piedi: è uomo d’acciaio, è pistone e biella, olio che brucia quando vede una pista. Probabilmente è nato prima del motore, prima che qualcuno inventasse la velocità. Lui stava lì, ad ascoltare il rumore del vento e sperare, un giorno, di cavalcarlo. Non importava ad Alex se cadevano i cocci. Tutto si aggiusta, tutto si rimedia. Bisogna volerlo. A me lo Zanardi piace davvero, occhi nel vento e sorriso che abbaglia alla vita. Buona corsa Zanardi, buona sfida in questo nuovo capitolo del romanzo che racconta la tua vita.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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