Una volta si diceva che per ogni forza politica c’era un tempo per la lotta e un tempo per il governo. Allo stesso modo, bisognerà ricordare agli amici Cinquestelle che sono ormai vicinissimi al traguardo del primo anno alla guida dell’Italia. Erano movimento di lotta, dal primo giugno 2018 sono forza di governo. Un anno, dodici mesi, 360 giorni o giù di lì. Nelle scorse ore si è saputo del patatrac del gruppo Mercatone Uno: punti vendita chiusi da un giorno all’altro, 1800 persone senza lavoro. L’ex ministro del Lavoro Calenda ha rinfacciato al governo attuale di non aver vigilato su questa vertenza, imputandogli una certa responsabilità nel fallimento. I Cinquestelle hanno reagito a muso duro, ricordando a Calenda di essere stato proprio lui a definire l’accordo per il passaggio di mano della Mercatone Uno: il 18 maggio 2018 quando, oltre tre mesi dopo le elezioni, si tentava ancora di mettere assieme un esecutivo, tra veti incrociati e la ricerca affannosa di un equilibrio. Insomma, il primo a dover rispondere di questo disastro sarebbe proprio l’ex ministro Calenda. Io non so di chi sia davvero la colpa, ma è possibile che il primo responsabile sia proprio Calenda. Solo che è passato un anno. Dodici mesi e 360 giorni. Da dodici mesi Calenda non è più ministro del Lavoro. Da dodici mesi ministro del Lavoro è Luigi Di Maio. Ora, questo nuovo governo aveva annunciato che avrebbe posto rimedio a tutti i danni causati da quelli precedenti e in particolare dal Pd. Scendevano in campo per rimettere in sesto quanto gli altri avevano devastato. Era così, giusto? Ora, un anno dopo, andare a cercare quel che è stato un anno prima, quando c’era tutto il tempo di correggere la rotta, appare l’ennesimo episodio della collaudata strategia del Movimento: è sempre colpa degli altri, è colpa del Piddì, di Renzi, del sistema, dei poteri forti. Questo mantra poteva funzionare per il movimento di lotta. Ora non più, perché i Cinquestelle sono forza di governo. E prendersela con chi c’era un anno prima non può funzionare in eterno. Forse è più dignitoso ammettere che, dentro al campo, le cose sono meno facili di quanto poteva sembrare sbraitando in tribuna.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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