“Ma perché non li prendete a casa vostra?”
Quante volte, insieme alla accusa di “buonisti”, ci siamo visti recapitare questa provocazione dal razzista di turno? Ma perché tu, un bambino siriano, pur di non vederlo affogare, non lo ospiteresti a casa tua? Quanti di noi lo farebbero?
Aiutateli a casa loro. Per cominciare, ci sarebbero pure dei modi per aiutare queste persone a casa loro, senza delegare fantomatiche istituzione altre. Ora ve ne dico alcuni, tanto per.
Il primo è prendere coscienza che i nostri governi, e per nostri intendo quelli dei paesi ricchi, Italia compresa, fingono di esportare democrazia, in Iraq, in Afghanistan, in Siria, in tanti paesi dell’Africa, ed invece esportano guerre ed affari sporchi. Sarebbe già qualcosa capirlo.
Il secondo modo per aiutare questa gente a casa loro è perseguire uno stile di vita sobrio, fondato sulla qualità della vita e meno sul consumismo, perché è l’avidità e la superficialità delle persone che spinge i governi a quel comportamento di rapina nei confronti degli altri paesi più deboli militarmente.
Il terzo punto, si situa ad un livello di libera scelta individuale: ciascuno è libero di contribuire, al netto dei problemi economici contingenti, con pochi spiccioli mensili, all’opera di meritorie associazioni internazionali e di volontariato che operano nelle situazioni di emergenza. Risparmiatemi, vi prego, le giustificazioni basate sulla sfiducia, siete liberi di fare quello che volete, ma non scaricate i vostri sensi di colpa o il vostro egoismo con inutili giustificazioni. Fate quello che volete, in silenzio se lo fate ed in silenzio se non lo fate.
Ecco dei modi semplici per aiutare la gente in difficoltà a “casa loro”.
Ebbene, di fronte all’immagine dei bambini annegati, penso che non basti aiutarli a “casa loro”.
Quelle immagini, è il caso di dirlo, scuotono le coscienze. Perché finché morivano in Siria, sotto le bombe e tra le macerie, ci si poteva rinchiudere nel nostro pavido egoismo, e mettere sotto chiave la nostra coscienza, aiutandoli “a casa loro”. Oggi vengono a morire da noi, e questa cosa implica, a mio parere, un dovere umanitario di soccorso.
Non si tratta di accoglienza, di integrazione, parole che spesso nascondono visioni etnocentriche del mondo, “vi aiutiamo perché siamo migliori”.
No. Qui si tratta di soccorso.
Soccorrere un essere umano in difficoltà è un dovere umanitario, oltre ad essere un obbligo giuridico. Il singolo che non soccorre è imputato di omissione di soccorso dall’ordinamento giudiziario, e viene condannato penalmente; non si capisce, invece, perché i governi siano liberi di lasciare morire la gente in mare.
I governi dunque sono imputabili di gravi violazioni umanitarie e giuridiche, ed è notizia di questi giorni, che Germania, Francia e Italia stiano ponendosi di fronte alla catastrofe umanitaria con una atteggiamento finalmente diverso. Ci sono gli elettori, razzisti, che giudicano, votano, e rendono impopolare quel governo che attua politiche umanitarie. Ma il giudizio della Storia è molto, molto più severo.
Troppo comodo, tuttavia, accusare politici e governanti, o il contatto su FB che condivide le patacche razziste. Sono convinto, ormai, che ciascuno di noi debba mandare un segnale univoco, alimentare una catena di solidarietà sociale che parta dal basso.
Lanciare un messaggio che risvegli quell’antica idea collettiva e sociale di solidarietà, perduta nei labirinti della grande trasformazione umana, la stessa che ci ha mutati in automi senza energia morale e sentimento, dove il prezzo ha preso il posto dell’anima e i numeri del sangue.
Io non sono ricco, sono una famiglia monoreddito di quattro persone, ho una casa piuttosto piccola, ma offro la mia disponibilità ad ospitare bambini che rischiano la loro vita a causa di una emergenza umanitaria, come può essere quella siriana. Sono pronto ad aiutarli a casa mia, come tanti altri miei amici, sentiti in queste ore, sono pronti a fare, il tutto nel rispetto della loro patria e della loro famiglia, ammesso che l’abbiano ancora, delle regole internazionali, degli adempimenti burocratici, delle normative vigenti, nella speranza che si attivino corridoi umanitari, e vi siano le giuste risposte da parte delle istituzioni, penso agli assistenti sociali dei comuni che potrebbero sovrintendere operazioni di questo tipo.
Perché è giusto, giustissimo discutere dell’etica delle immagini, ma senza dimenticare che esiste anche l’etica delle cose e dei fatti.
http://www.unicef.it/doc/4066/siria-corsa-contro-il-tempo-per-salvare-bambini-e-famiglie.htm
(foto Caritas)
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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