La cosa stupefacente è che siano gli americani a denunciare che una fabbrica di Domusnovas produca armi che uccidono le persone. Stupefacente per due semplici motivi: gli americani sono, da sempre, produttori di armi nel mondo tanto che le lobbies decidono, di fatto, le sorti dei vari presidenti USA e da che mondo è mondo le armi, contrariamente a quanto pensano alcuni, uccidono le persone. Non ci sono, in questo campo armi buone o armi cattive. E il vecchio esempio del coltello in questo caso non serve: le armi, infatti, non sono utilissime per tagliare il pane.
Stabilito questo – che le armi sono uno strumento di morte – sorge spontanea un’altra domanda, più complessa: perché ci indigniamo delle armi prodotte a Domusnovas? Perché le abbiamo vendute – pare – a degli stati canaglia e che uccidono i civili. Le abbiamo vendute contro una serie di trattati internazionali. La realpolitik ragiona in questa maniera: le armi sono strumenti di morte ma non possiamo venderle a chi non sta dalla nostra parte e negli ultimi anni “la nostra parte” l’hanno sempre decisa nella stanza di bottoni oltre oceano. Insomma: non sarebbe stato più semplice condannare – a prescindere, direbbe Totò – la produzione di armi e chiudere, definitivamente la fabbrica che produce morte di Domusnovas? Perché dobbiamo sempre infarcire tutto con molta ipocrisia? O, forse, quella fabbrica da lavoro a delle famiglie e quindi è meglio che continui a produrre armi da consegnare per le belle battaglie di democrazia e libertà?
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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