Pare che li abbiano applauditi …. E loro si sono commossi. Però siccome sono uomini veri è stata una commozione senza lacrime. Interna. Una commozione cerebrale, insomma. Sono andati fino al cuore della nuova patria, infine: la Svizzera. Agognato paradiso dove la disoccupazione non esiste e il reddito pro capite è alle stelle. Hanno lasciato la loro posizione al Poetto, hanno sguarnito per qualche ora il tran tran nella movida cagliaritana e lo hanno fatto per seguire un sogno. Più che un sogno: un’idea geniale. Quella che mai è balenata nella testa dei migliori intellettuali e patrioti sardi da Bellieni a Lussu, da Columbu a Mario Melis, fino ai nostri Compostu, Gavino Sale e Michela Murgia. Superati in curva e in impennata. E alla guida ci sono due buontemponi. Gente il cui nome racchiude certamente un grande destino. Non più ventesima regione italiana, neanche cinquantunesimo stato USA o ventinovesimo dell’Unione Europea. Niente di tutto questo. Gli allegroni tirano fuori un’idea semplice semplice. Tanto semplice da sembrare, a un primo sguardo, una coglionata. Invece è pura genialità. È ora di diventare il ventisettesimo cantone svizzero. I cantoni svizzeri hanno, notoriamente, una grande autonomia e sono legati a profonde tradizioni locali, culturali e linguistiche. Come la Sardegna, insomma. Siccome ogni cantone svizzero ha la sua bandiera, i leader si sono detti: “Facciamo diventare svizzera la nostra bandiera”. E zac, hanno messo i quattro mori sulla bandiera rossa svizzera. Così per far capire che siamo proprio svizzeri dentro. Anzi più svizzeri degli stessi svizzeri. Inoltre, la Sardegna ha un nome gaggio, bisognava trovarne uno nuovo, che facesse capire a quei tonti degli svizzeri che anche loro hanno interesse a prenderci tra di loro. Quei mattacchioni devono aver riflettuto sui luoghi dell’identità sarda: l’estate al Lido o a Santa, le notti calde a Capo Boi o in Costa. La barca a Sant’Elmo o a Marina Piccola. Insomma, gite in barca, regate, turiste tedesche. “Canton Marittimo” ecco l’idea. E anche una strizzata d’occhio agli svizzeri. La Sardegna è vacanza. L’etimologia della parola vacanza rimanda al concetto di vacuus, vuoto insomma. È nel vuoto che dobbiamo essere oramai precipitati. Un vuoto che si può riempire a volontà. Vi ricordate il Cappellacci che disse qualcosa del tipo la Sardegna è bella peccato che ci siano i sardi? Eliminiamo i sardi e riempiamo il vuoto a volontà. Nel 2011 su AREA89 pubblicai un articoletto dal titolo “Il dipendentismo”. Ebbe un certo successo, e se Omar mi desse un euro per ogni volta che lo usa, sarei ricco. In verità, devo ringraziare una nota esponente di SEL, poi uscita per avvicinarsi alla Murgia (la coerenza non è moneta buona in politica) per avermi fatto balenare l’idea di buttare nel dibattito questo concetto. Utile per definire l’ideologia di chi pensa la Sardegna solo nel quadro della dipendenza (simbolica, culturale ed economica).
Con il Canton Marittimo abbiamo raggiunto la sommità. E il concetto di “dipendentismo” non è più nemmeno sufficiente per descrivere la fondamentale subordinazione culturale e simbolica, il complesso di inferiorità incorporato in tutte le pratiche, in tutti i pensieri e anche nei nostri corpi. Siamo un popolo di sfigati. E ce ne vantiamo. Andiamo a dirlo in giro col cappello in mano. Abbiamo un tale complesso di inferiorità che ci commuoviamo se ci buttano una monetina e ci danno una pacca sulle spalle. Cosa aspettarsi da borghesie meticce, discendenti di commercianti, ingegneri, tecnici minerari, militari e coloni italiani? Come volete che interpretino il loro essere sardi?
In alcuni casi, il fastidio della sardità si può camuffare di “sardità” posticcia. L’identità e l’orgoglio sintetizzati dal porchetto. Personalmente, credo che gli autori dello scherzo del Canton Marittimo, ci stiano prendendo tutti in giro. Stanno ridendo come pazzi di chi li prende sul serio, compresi quei bifolchi degli svizzeri. Non ci posso credere che ci siamo ridotti alla richiesta di asilo. Alla questua. All’accattonaggio politico, economico e simbolico. Se non fosse così proporrei di prenderne atto anche nel nome: chiamiamolo Accatton Marittimo. Mai si vide un popolo così servo, così miserabile, così privo di midollo e con un’identità così incerta da considerare anche solo per burla l’idea di passare dal dominio di uno stato a quello di un altro stato. Ma io non ci casco: è un pesce d’aprile, lungo un anno.
Marco Pitzalis è nato a Cagliari nel novembre del 1963. In quel momento, tutto il mondo stava pensando alla morte del Presidente Kennedy. Per questa ragione, la nascita di Pitzalis è passata inosservata. Passarono i decenni, e ogni momento della sua vita fu oscurato, continuamente, dalla coincidenza con grandi eventi storici. Oggi, la sua presenza al mondo è rimarcata, solamente, da un manipolo di devoti studenti.
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