So che ci saranno amici, indipendentisti e non, i quali la giudicheranno male. Comunque, voglio mettere per iscritto un’idea che non smetto di avanzare su Sa Die de sa Sardigna. Possiamo tranquillamente farne a meno. Trovo che non contenga nulla di cui gloriarsi o da celebrare. Disertiamola. Il 28 aprile del 1794 è stato cacciato da Cagliari il viceré sabaudo, insieme a qualche decina di tirapiedi, al termine di una sommossa. Appena due anni dopo, dopo averci lasciato cadere qualche briciola, i piemontesi erano di nuovo lì e non sono andati più via. Che grande giornata. Da quattro anni a questa parte non perdo occasione di raccontare della festa più importante dei Catalani, che in quanto a potenti sentimenti identitari non devono imparare niente. E a noi possono insegnare cosa sono la dignità, l’onore, la perseveranza e il significato degli eventi storici. La festa nazionale catalana è l’11 settembre. Quel giorno, nel 1714, Barcellona cadde dopo un lungo assedio e perse l’indipendenza. “Cosa avete da festeggiare?”, ho chiesto 4 anni fa a un amico catalano, quando non si parlava d’altro che del decimo anniversario dell’11 settembre statunitense. “Festeggiamo il nostro ultimo giorno di libertà”, mi ha risposto. Anche noi sardi abbiamo da ricordare una sconfitta molto più corroborante di una ridicola scaramuccia prima di farci schiacciare di nuovo e fino a oggi. Quel giorno è il 30 giugno del 1409, quando, in una spianata vicino a Sanluri, la Sardegna Giudicale, l’unica indipendente, chiuse l’ultimo capitolo davanti agli Spagnoli. A quel giorno, il giorno di Sa Battalla, dovremmo dedicare, eventualmente, il giorno della Sardegna. Condividete, se siete d’accordo.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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