Lo hanno picchiato, come riferiscono i media, “tra corso Cossiga e viale Berlinguer”. Quanto ci siamo beati dell’intitolazione di queste vie. Io magari ero più contento per viale Berlinguer, ma in fondo in fondo questa sfilata di grandi sassaresi che finivano sulle targhe stradali mi faceva piacere. Come se bastasse il passato a colmare la miseria del presente. Sembra quasi un luogo simbolico, quel “tra corso Cossiga e viale Berlinguer”. Se non avessi il sospetto che gli aggressori siano dei pericolosi poveracci che ignorano chi fosse l’uno e chi fosse l’altro, penserei che il luogo è stato scelto con cura. Se io fossi un attivista razzista lo farei. Così come gli anarchici o i brigatisti colpivano personaggi simbolici nella speranza di attirare consensi, io avrei scelto quell’incrociarsi toponomastico di grandi sassaresi per picchiare un migrante di colore: proprio allo scopo di dissacrare quel passato, di abbattere un tempio che avverto nemico. A leggere i numerosi commenti alla notizia, tra coloro che appoggiano i nuovi padroni al governo non ce n’è uno che sia inorridito per ciò che è accaduto. Leggo che persino donne e uomini che conosco personalmente, gente alla quale ho stretto la mano senza paura di essere morso, giustificano questo pestaggio o si sforzano di astrarlo dal suo vero contesto, allo scopo di coprire gli oggettivi mandanti di questa violenza sempre più diffusa. Le mura di Sassari hanno sempre resistito anche dopo la loro demolizione. Quasi due secoli dopo l’abbattimento fisico dell’ormai inutile cortina difensiva, la loro funzione ideale ancora ci preservava dal potente nemico che si chiama ignoranza. Eravamo sempre sotto assedio, ma bene o male resistevamo e ogni tanto succedeva persino che ci facessimo onore in giro con gente tipo Berlinguer. Ma ora qualcuno ha spalancato le porte al nemico. Le mura sono state varcate.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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