Qualche anno fa, non tanti, per lavoro ero in trasferta a Novara, uscivo dall’ufficio intorno alle sette di sera e, non avendo con me un mezzo di trasporto, percorrevo a piedi il tratto – un paio di chilometri – che mi divideva dall’albergo in cui risiedevo.
Per non allungare troppo il tragitto ero costretta a transitare su un viale lungo la ferrovia poco frequentato. Fra questi pochi stazionavano ogni sera – di fronte all’unico bar dello stradone – ragazzi e ragazze neri, alcuni come la pece. Un inciso: per abitudine porto sempre la borsetta a tracolla, di quelle stile tascapane, che infilo in modo tale da averla sempre appoggiata sul davanti.
La prima o seconda sera, non ricordo, il gruppetto di bulletti e bullette mi ha sbarrato il passo prendendomi in giro: “buh, la bella signora bianca ha paura dell’uomo nero…stringi la borsa che altrimenti te la strappiamo… siamo tutti ladri… stai attenta…. buh”… e ridacchiavano fra loro. Io, che non sono assolutamente un cuor di leone e spesso mi cago sotto per motivi molto più banali, non ho sopportato l’onta e ho replicato in maniera tutt’altro che dialogante – chissà da quale parte mi è arrivato il coraggio che in genere non mi appartiene? – rispondendogli “che me ne fottevo che fossero neri, arancioni o verdi, ma che potessero essere alticci o fumati e soprattutto strafottenti mi inquietava, questo sì… che “cazzo” volevano da me… che gli avevo fatto?”. Prima le ragazze, ma subito dopo, a ruota, i ragazzi hanno fatto il vuoto intorno a me per lasciarmi passare, qualcuna/o mi ha urlato dietro le proprie scuse “…scherzavamo dai…”.
La storia non è continuata allo stesso modo. Anzi, nei due mesi successivi mi salutavano già da lontano con i loro “ciao mamma…o ciao bella signora bianca”. Due ragazze (che ho poi verificato essere trans) le ho incontrate pochi giorni dopo dal parrucchiere cinese dove andavo a far la piega due volte la settimana, per 5 euro; e, si sa come vanno le cose nei saloni, mentre si aspetta il proprio turno si parla del più e del meno, ci si scambia opinioni sul colore e il taglio dei capelli e a volte ci scappa anche qualche confidenza più intima.
Non dico che siamo diventate amiche strette (il tempo, troppo breve, e le abitudini diverse non ce lo hanno permesso), ma il giorno che ho detto loro che l’indomani sarei tornata in Sardegna mi hanno abbracciato e baciato con calore, non per formalità. Nella mia lunga vita sono stata scippata tre volte, rapinata a mano armata una, molestata verbalmente centocinquanta, non solo verbalmente due – uno era pure un “amico” – in tutti i casi citati da candidi italiani (anzi, uno era tedesco, ma bianco e biondo). Abito nella città con il più alto numero di immigrati rispetto al resto della Sardegna e nessuno di loro (ospiti per alcuni, normali cittadini per me) mi ha mai mancato di rispetto.
Sarò fortunata, sottovaluterò un problema che potrebbe nel tempo diventare pericoloso, ma qualche dubbio sulla verità di ciò che ci hanno raccontato sul capodanno a Colonia ce l’ho e me lo tengo, fino a che prove certe non mi persuaderanno che l’arrivo massivo dei migranti sia effettivamente un fatto gravissimo per la nostra incolumità, da affrontare tempestivamente.
Mandatemi pure a quel paese e chiamatemi dispregiativamente buonista o complottista, e tutti gli ista che vi pare, ma continuerò a pensare che qualcosa non quadra in quel che ci stanno raccontando.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
Un rider non si guarda in faccia (di Cosimo Filigheddu)
Ciao a Franco dei “ricchi e poveri”. (di Giampaolo Cassitta)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Ha vinto la musica (di Giampaolo Cassitta)
Sanremo non esiste (di Francesco Giorgioni)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.021 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design