Mio nonno materno partecipò alla prima guerra mondiale. Era nato nel 1895 e partì per il fronte a 21 anni.Era analfabeta ma conosceva molte “battorinas” a memoria. Il padre era un agricoltore di Sassari e lui ereditò la forza della sopravvivenza ed un certo “humour” che lo contraddistinse per tutta la vita. Non parlò mai di quella guerra e non rivelò se avesse ucciso qualche nemico. Solo una volta ci raccontò che, trovandosi sulla linea del Carso, era necessario stare di vedetta. Misero lui e un suo collega che lui appellava come “italianu” a controllare se il nemico avanzasse. Disse che c’era molto silenzio e molto freddo e l’unico modo per passare il tempo, non potendo assolutamente parlare, era fumare il sigaro senza che il nemico si accorgesse. Lui imparò a fumare “a fogu a intro” e continuò per molti anni tanto che anche io constatai questo incredibile modo di ficcare il sigaro all’interno della bocca. “E’ l’unica cosa che ho imparato in guerra”, disse. Quando ritornò dalla guerra sposò subito mia nonna e insieme costruirono una famiglia di undici figli.La seconda guerra mondiale li accolse quando si trovavano in un piccolo paese dell’entroterra sardo. Mia madre ricorda il poco pane a disposizione che diventava morbido per le lacrime di tutti loro. Non si mangiava carne e c’era la segreta speranza che tutto finisse in fretta. Anche lei, come i miei zii raccontarono poco della guerra. Come se fosse una vergogna, qualcosa da nascondere. Capii solo più tardi il perché di quei silenzi: la guerra aveva calpestato la dignità e il dolore anestetizzava i ricordi. Il 14 marzo del 1943 i tedeschi deportarono nei campi di sterminio gli ebrei del ghetto di Cracovia, in Polonia. Moltissimi di loro non faranno più rientro a casa. Penso a mio nonno, ai suoi sguardi muti e a quel piccolo e infinito sorriso portato con una certa fierezza. Sono giunto alla stessa conclusione di mio nonno: la guerra serve per poter fumare il sigaro “a fogu a intro”. Non mi sembra una grande cosa. Avremmo potuto benissimo farne a meno. Nonno compreso.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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