Il 9 luglio del 1976 il giudice di Cagliari Carlo Piana dispone il sequestro delle sedi di Tuttoquotidiano, il giornale sardo nato appena due anni prima per volontà (si seppe dopo) del padrone della Saras Angelo Moratti.
Circa 240 persone restarono senza lavoro, anche se l’iniziativa editoriale avrà una seconda vita grazie all’intervento di Flavio Carboni, prima della chiusura definitiva del 1979. Quell’esperienza nasceva per spezzare il monopolio della stampa sarda in quegli anni, poiché sia La Nuova Sardegna che l’Unione Sarda facevano capo alla Sir di Nino Rovelli. Era un giornale a colori, stampato con tecnologie avanzatissime, in equilibrio tra le sue due anime interne: una linea politica nazionale di stampo conservatore, legata alla destra mercantile, mentre sulle questioni sarde emergeva l’idea progressista della redazione sarda. In questo contrasto, secondo alcuni testimoni interni, risiedeva il peccato originale che avrebbe poi portato alla chiusura della testata.
In realtà, come si evince dalle cronache del tempo, non ci fu mai reale chiarezza sui proprietari della Sedis, la società ad azionariato anonimo che controllava Tuttoquotidiano. I grandi giornali nazionali scrissero che i fondatori erano l’Aga Khan e l’armatore Onassis, ma la notizia si rivelò in seguito priva di fondamento.
Il vero proprietario era l’imprenditore cagliaritano della sanità privata Ragazzo, poi fondatore di Sardegna 1, cui si affiancarono altri due soci. Ma la verità ancora più vera, rivelata qualche anno fa dal direttore Piercarlo Carta, è che Tuttoquotidiano era un’iniziativa patrocinata da Angelo Moratti, il quale voleva avere un suo organo di stampa per contrastare l’egemonia mediatica del suo rivale Rovelli, in quella Sardegna sede della Saras.
Non bastava aver finanziato (inizialmente in segreto) il Cagliari dello scudetto, serviva anche un giornale da finanziare (in segreto) per orientare l’opinione pubblica. Quando poi Moratti e Rovelli trovarono un accordo riservato, Moratti non ebbe più interesse a portare avanti il suo impegno e si ritirò dalla scommessa del terzo polo d’informazione. cedendo il passo a Ragazzo.
Ma bastarono pochi mesi per capire che i costi di esercizio era insostenibili per un giornale che vendeva la pur rispettabile cifra di venticinquemila copie. Travolto dai debiti, Tuttoquotidiano venne dichiarato fallito il 9 luglio del 1976.
A chi fosse interessato all’argomento ma non era nato o, come me, era troppo piccolo per ricordare, consiglio di cercare in rete la documentata pubblicazione sulla storia della stampa sarda curata dal ricercatore universitario Andrea Corda, che dedica un ampio capitolo alla breve parabola di Tuttoquotidiano. A lui, il direttore Piercarlo Carta spiegò il robusto coinvolgimento di Moratti. Altra fonte importante di conoscenza è il sito internet dell’ex condirettore dell’Unione Sarda Carlo Figari, ricco di notizie sull’argomento.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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