9 luglio 1962, muore Max Leopold Wagner, padre della linguistica sarda. (di Fiorenzo Caterini)
Se oggi in tutti gli atlanti di linguistica del mondo compare la lingua sarda tra le lingue neolatine, accanto a quella italiana, a quella francese, a quella portoghese e a quella spagnola, e a tutte le altre, forse lo si deve agli indefessi studi di uno dei maggiori glottologi e linguisti del secolo scorso, Max Leopold Wagner, nato a Monaco di Baviera nel 1880 e morto a Washington, dove si era trasferito dopo una vita di studi in giro per il mondo, il 9 luglio del 1962. Poliglotta in grado di parlare una varietà impressionante di lingue, si dedicò alla lingua sarda agli albori del secolo scorso, facendo emergere la singolarità di una lingua antichissima oscurata dall’unificazione nazionale. Emergeva, infatti, la caratteristica di una lingua neolatina che non discendeva dal ceppo delle parlate italiane, ma se ne discostava, discendendo direttamente dal latino con sopravvivenze ancora più antiche, “pre-latine”. Wagner girava l’isola a piedi o in bicicletta, riconosciuto, accolto e ospitato nei paesi in cui si recava, con il fervore del linguista, a caccia di nuovi fonemi, ma anche con la tempra dell’etnologo e dell’antropologo. Non ha studiato solo il sardo, ma si è occupato anche di altre lingue, come l’italiano e il catalano, oppure di studiare le varianti lessicali di lingue in determinati contesti, come lo spagnolo americano. Insomma uno studioso universale, in grado di studiare la linguistica da una prospettiva aperta e multidisciplinare. Wagner, sotto un certo punto di vista, ha “esportato”, mi si passi il termine, la linguistica sarda nel mondo. Oggi l’opera di Wagner è sottoposta a revisione critica, e gli si imputano alcuni peccati originali della linguistica sarda, come una eccessiva divaricazione concettuale tra le due principali varietà, il sardo loguderese e il sardo campidanese, oggi, secondo i più recenti studi, considerati varietà di una unica lingua. Naturalmente l’opera del grande linguista andrebbe contestualizzata, e questa operazione non sempre viene fatta. Com’è noto, sulla linguistica in Sardegna il clima è parecchio conflittuale e una unità di intenti appare ancora tutta da costruire. Le recenti polemiche sul festival Isole delle Storie di Gavoi, che riscuote ormai da anni uno straordinario successo, accusato di non valorizzare non solo gli autori sardi, ma anche la lingua sarda, lo dimostra, ultimo caso tra i tanti che scatenano le polemiche e le diatribe tra gli studiosi e gli osservatori. Tuttavia ogni qualvolta qualcuno definisce il sardo come un dialetto, Max Leopold Wagner, giustamente, si rivolta nella tomba. Se la linguistica infatti è da considerare, se non proprio una scienza esatta, comunque derivante da precisi canoni metodologici, è giusto considerare, sul piano scientifico, il sardo come una lingua a tutti gli effetti. Almeno su questo i linguisti appaiono d’accordo.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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