Il 9 dicembre del 1979 finiva un incubo. Grazie ad una universale campagna vaccinale durata moltissimi anni e cominciata all’inizio degli anni settanta l’Organizzazione mondiale della sanità annunciava la scomparsa del vaiolo. L’ultimo caso era stato registrato nel 1977 in Somalia. Poi, per fortuna – e grazie al vaccino – più niente. Ora, lo so che alcuni (non moltissimi, a dire il vero) penseranno che in questa macchina del tempo furbescamente usiamo le vecchie notizie per parlare dell’attualità. E’ un po’ vero ed è mestiere del giornalista o del narratore provare ad analizzare i fatti e rivederli non solo con occhi storici ma con orizzonti diversi. In questi due anni non ho mai voluto partecipare alla discussione pelosissima legata all’importanza del vaccino, alla sua efficacia; non sono entrato in discussioni contro le mascherine, viste da alcuni come bavaglio della libertà, non ho mai detto di essere a favore o contro. Il motivo è semplice ed è legato al mestiere e all’esperienza. Come narratore ho sempre scritto di cose che conosco e quando mi son dovuto addentrare in mondi poco frequentati mi sono informato per mesi, ho ascoltato chi conosceva meglio quella materia. Non mi è mancata la curiosità che è un attrezzo importante per chi scrive e per chi prova a narrare la cronaca di tutti i giorni. Però in questo caso sono molto prudente. Per esempio: io non so perché la terra è rotonda o gira intorno al sole, ho delle reminiscenze scolastiche ma non sono in grado di spiegarlo scientificamente e non so neppure come funziona il vaccino contro i virus. So solo che ci sono persone che sanno e che possono parlare. E’ semplice, come il vaiolo. Con il vaccino è stato debellato. Questa è la notizia. Ed è vera. Io, che poco so, mi appresto a registrale. E a comunicarvela. Ho prenotato la mia terza dose, perché è bello che dove finiscono le mie conoscenze debba in qualche modo esserci uno scienziato. E’ più sicuro. Giuro.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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