C’era una volta il figlio di un re. Ma non sempre i figli dei re hanno destini felici. E questo è certamente uno di quei casi.
Carlo Luigi, figlio del re di Francia, Luigi XVI e di Maria Antonietta d’Austria, aveva sei anni quando la Rivoluzione irruppe nella sua fanciullezza con la forza di un incubo. Ghigliottinato il padre, fu separato della madre e custodito in una stanza, all’interno di una fortezza. Nessuno sapeva che fare di lui. Per i monarchici, il Delfino era il nuovo re, era Luigi XVII; per i repubblicani, un utile strumento per delegittimare sua madre, Maria Antonietta. Per questo motivo fu dapprima affidato a un ciabattino giacobino che gli insegnò i canti della rivoluzione. Tentarono di plagiarlo. Fu persino costretto, con la forza, a firmare una dichiarazione in cui accusava sua madre e sua zia di aver abusato sessualmente di lui.
Quando Maria Antonietta fu giustiziata, i rivoluzionari non seppero più che farsene del piccolo Carlo Luigi. E il bambino rimase chiuso nella sua stanza, fredda e malsana, della Torre del Tempio di Parigi. Visse isolato in una stanza blindata con una fessura utlilizzata per introdurre all’interno il cibo. Ricevette sporadiche visite, nessuna delle quali risultò decisiva per evitarne il lento e costante declino fisico e mentale.
Ferranti scrisse: «Egli vegetava in una sudiceria ripugnante. Le sue braccia, le sue cosce e le gambe eransi singolarmente allungate a spese del busto e del corpo. Tre tumori, ai quali nessuno prestava attenzione, gli si erano formati, uno al ginocchio, l’altro al polso, un terzo nella cavità esistente tra il braccio e l’avambraccio. Ne usciva un umore acre e purulento che corrodeva le carni; una specie di scabbia gli aveva coperto il collo, ed i capelli biondo-castani avevano, per così dire, messo radice nella cavità putride che l’umore aveva formato. Oltre di che la nuca, fino all’origine dei capelli, appariva coperta di una rogna inveterata, divenuta anche più dolorosa poiché il disgraziato fanciullo, per un impulso naturale, vi portava continuamente le dita, scorticandosi, facendo sanguinare le carni, con le unghie divenute lunghissime» (Paolo Cortesi – Il bambino ucciso dal terrore – Foschi editore)
Carlo Luigi morì nel mese di giugno del 1795. Aveva dieci anni. Ma nemmeno la morte fermò i suoi incubi. Il medico legale che accertò il decesso, Philippe-Jean Pellettan, asportò il cuore dal cadavere del bambino e lo conservò sotto spirito. Intendeva rivenderlo come una reliquia. Non ci riuscì. Il cuore finì quindi nelle mani di uno studente di Pellettan che in punto di morte, colto da rimorso, affidò alla moglie l’incarico di restituirlo al suo professore. La reliquia venne in seguito consegnata all’Arcivescovo di Parigi. In seguito al saccheggio della Cattedrale, il cuore di Carlo Luigi sparì per qualche tempo per poi riapparire in Spagna e, successivamente, a Vienna.
Il tempo e la storia rocambolesca del vaso di cristallo contenente il cuore alimentarono dubbi e sospetti. Nel 2000 le analisi condotte dall’Ecole de Medicine di Parigi hanno definitivamente stabilito che il cuore era effettivamente appartenuto al figlio di Luigi XVI e Maria Antonietta. Era davvero il cuore di Carlo Luigi. Il cuore di un bambino. Oggi si trova a Saint-Denis ed è tutto ciò che resta di lui. I suoi resti non sono mai stati ritrovati.
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