Era difficile prendere sul serio Tonino Carino da Ascoli, che esattamente sei anni fa ha lasciato questo mondo. Ad un certo punto anche lui stesso aveva rinunciato a prendersi sul serio e finì con l’accettare di buon grado le caricature che gli piovevano addosso da ogni varietà televisivo, parodie che in un primo tempo lo avevano molto infastidito. Così la sua fama, già solida, fu ulteriormente rafforzata dalle molteplici letture comiche del suo personaggio, tra cui risaltò quella impietosa di Tullio Solenghi.
Il fatto è che Tonino Carino da Ascoli – “da Ascoli” non era un secondo cognome, ma la piazza da cui trasmetteva ansiogeni collegamenti domenicali per Novantesimo minuto – non aveva nulla del conduttore da telecamera come lo intendiamo oggi: non il fisico, non l’impressione di autorevolezza né la fluidità nel commento. Però Carino suscitava simpatia e ispirava tenerezza, perché ad ogni diretta se ne coglieva il drammatico sforzo compiuto per colmare il deficit di un talento mancato.
Paolo Valenti, l’allenatore di Novantesimo minuto, si ritrovò questo mingherlino marchigiano come corrispondente della redazione di Ascoli, nei tempi in cui i bianconeri del tonante presidente Costantino Rozzi e di mister Carlo Mazzone pestavano l’erba dei terreni di gioco della serie A, in verità facendosi molto onore. Novantesimo minuto era già di suo una bizzarra compagnia, composta da coloriti personaggi come Luigi Necco da Avellino (indimenticabile il suo cenno di saluto a fine diretta) o Marcello Giannini da Firenze, che nel linguaggio del corpo trasmetteva pura sofferenza fisica quando la sua Fiorentina le prendeva, senza tralasciare il prodigioso riporto di Franco Strippoli o l’occhiale avvolgente di Ferruccio Gard. Ma Tonino Carino di questo festival dell’improvvisazione era il fuoriclasse. Novantesimo minuto doveva essere, per uno sportivo dei tempi ante Sky, il momento della quiete emotiva, dopo la solita domenica di doppia sofferenza: con gli occhi a seguire dalla tribuna la prova della squadra del paese, con le orecchie a seguire dalla radiolina Tutto il calcio minuto per minuto e le sfide della serie A. E invece, una volta rincasati, si accendeva la tv e veniva il momento del collegamento da Ascolti. Tonino Carino raccoglieva la linea già sudato per lo stress da diretta – pallido, spaventato, gli occhi sbarrati dal terrore – quindi iniziava la sua cronaca incespicando sulle parole tremolanti. Cercando di raccontare la partita che aveva visto la erre moscia gli si arrotava sempre di più ad ogni “traversone”, “rigore”, “tiro” e “parata”. Via via il nostro commentatore, già minuto di suo, s’inarcava nel tentativo disperato di mantenere il filo del discorso, si contorceva fino a scomparire dal monitor, in una posa innaturale inesorabilmente registrata dalla telecamera.
Ma tutti tifavamo per lui, sperando che il collegamento si concludesse felicemente, risparmiandogli imbarazzanti infortuni ed altra sofferenza. Gli si voleva bene, a Tonino. Quando una traccia di sorriso appariva sul suo volto da bambino, noi sapevamo che quella fatica stava per finire e ci sentivamo sollevati, come alla fine di Italia-Germania 4-3. A quel punto Tonino usciva di scena, accompagnato dal paterno sorriso di Valenti. Tonino Carino è morto l’8 marzo del 2010 a 65 anni. Era la faccia di una televisione genuina, autentica in tutte le sue imperfezioni.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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