Oggi la Macchina del tempo ci porta nella Francia rivoluzionaria.
Chi ha studiato un po’ di chimica a scuola, ha sentito almeno una volta questo nome: Antoine-Laurent de Lavoisier; è considerato uno dei più grandi scienziati di sempre oltre che il padre della chimica moderna.
Non dirò nulla, qui, sul Lavoisier uomo di scienza. Mi interessa invece parlare di come morì.
Durante gli ultimi scampoli di monarchia, era stato esattore delle tasse. Nonostante fosse un liberale e nonostante avesse cercato di modernizzare e razionalizzare la riscossione delle imposte, proprio il suo ruolo di agente del fisco per conto del re gli procurò l’accusa di tradimento e la condanna alla ghigliottina. Sulla sua morte circolano leggende e aneddoti.
Pare che il giudice Jean-Baptiste Coffinhal, a coloro che provarono a difendere Lavoisier ricordandogli che era uno scienziato, rispose che la Repubblica non aveva bisogno di eruditi. Lo stesso Coffinhal venne ghigliottinato a sua volta di lì a poco, durante le purghe di Termidoro.
Sembra che tra i detrattori di Lavoisier ci fosse anche Jean-Paul Marat, detto l’”amico del popolo”, rivoluzionario e studioso di scienze, in conflitto con lo scienziato a causa di opposte idee sul flogisto e soprattutto a causa della sua non ammissione all’Accademia delle scienze. Tra l’altro, scopro solo ora che Marat (da molti ricordato perché assassinato nella vasca da bagno da Charlotte Corday) era mezzo sardo. Il padre, Giovanni Mara, ex frate, era nato a Cagliari e da qui si era trasferito in Svizzera per ragioni politico-religiose, essendosi convertito al calvinismo.
L’ultimo aneddoto è il più dubbio e il più sconcertante.
Si dice che Lavoisier volesse scoprire se dopo la decapitazione, la coscienza avesse ancora tempo di esistere o no, se ci fosse sensibilità rispetto agli eventi. Evidentemente gli interessava non solo scoprirlo, ma anche che altri sapessero, gli interessava condividere. Voleva che il sapere andasse -oltre l’uso che avrebbe potuto farne lui stesso- a beneficio della comunità. Chiese allora a un suo collaboratore di guardare la testa dopo che fosse finita nel cesto. Lavoisier, dopo che la lama ebbe separato la testa dal corpo, continuò a sbattere le ciglia per quindici secondi.
Come disse lo scienziato italo-francese Lagrange: «Alla folla è bastato un solo istante per tagliare la sua testa; ma alla Francia potrebbe non bastare un secolo per produrne una simile».
Un solo pensiero, per chiudere. La Chiesa, con molto ritardo, ha chiesto scusa per aver processato e censurato Galileo. La Rivoluzione, pur essendo patrimonio comune dei Francesi e non solo, non ha eredi diretti a cui poter chiedere conto dei suoi errori. Lavoisier e la Rivoluzione, oggi, appartengono entrambi allo stesso campo, allo stesso Pantheon, quello della ragione. In parte, però, eccitano sensibilità diverse. C’è forse qualcuno, oggi, disposto a riconoscersi nelle parole del giudice Coffinhal, e nell’idea che “La Repubblica non ha bisogno di eruditi”. Io, di questo genere di rivoluzionari, faccio volentieri a meno.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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