L’8 di luglio del 1975, in un’aula del tribunale militare di Roma, si ritrovano fianco a fianco due diversi Giuseppe Sotgiu.
Uno era un giovane sottufficiale d’aviazione nativo di Osidda e impiegato al centro di controllo traffico dell’aeroporto di Ciampino; l’altro era uno stimato avvocato e docente universitario, che del suo omonimo aveva deciso di prendere le difese.
Se cercate le prime pagine dei quotidiani nazionali del giorno seguente, i due Sotgiu li trovate dappertutto. Perché la vicenda giudiziaria del militare sardo fu, davvero, un caso nazionale.
I fatti iniziano in piazzale Venezia, a Roma, il 26 giugno di quell’anno. Sotgiu aderisce ad una manifestazione sindacale dei controllori di volo che, al tempo, erano militari dell’Aeronautica. I trecento partecipanti rivendicano adeguamenti salariali e maggiori garanzie di carriera. Però sono militari, non hanno un sindacato e allo Stato non piace la loro scelta di manifestare, come fossero membri di una qualunque associazione di categoria.cGiungono in piazza alcuni carabinieri e li invitano a sciogliere la manifestazione.
Sotgiu, intanto, sta discutendo con alcuni fotografi, ai quali chiede a quali testate appartengano. Ottiene solo risposte evasive e, sospettando si tratti di infiltrati, li prende e male parole.cI carabinieri che sono in zona credono che quegli insulti siano indirizzati a loro. Un capitano dell’Arma ordina l’arresto del sottufficiale che, quella sera stessa, dorme in cella, a Forte Boccea.
Giuseppe Sotgiu viene incriminato per insubordinazione e ingiurie e processato l’8 di luglio. L’udienza è seguita con grande attenzione da tutti i mezzi di comunicazione, perché l’arresto di Sotgiu viene interpretato come una forma di repressione del libero pensiero. Si aggiunga che in quegli stessi giorni era stato destituito dal servizio il commissario di polizia Ennio Di Francesco, reo di aver attestato la sua solidarietà personale a Marco Pannella subito dopo averlo arrestato per uso in luogo pubblico di hashish.
Raggiunge Roma anche la madre di Giuseppe che, da quanto riportano gli inviati, non era mai uscita dalla Sardegna e non aveva capito quale crimine avesse commesso il figlio.
Il procuratore militare espresse un giudizio molto duro su Sotgiu e le testimonianze pronunciate furono tutte a suo sfavore. Ma la condanna a due anni decisa dal collegio venne mitigata dalla condizionale e il sottufficiale di Osidda tornò libero, tra gli applausi delle decine di colleghi che seguirono il dibattimento.
Lo Stato, in un certo senso, aveva capito che aria tirava e si era piegato. Cosicché il condannato poté tornare quel giorno stesso a Ciampino, al suo posto di lavoro, travolto dalle manifestazioni di solidarietà rivoltegli dalla società civile di tutta Italia. A Cagliari, si ritrovarono in piazza del Carmine molti militari dell’aviazione in servizio presso gli aeroporti sardi, anch’essi desiderosi di esprimere la loro vicinanza a Sotgiu.
Pochi anni dopo, il controllo degli aeroporti venne smilitarizzato e affidato a operatori civili.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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