Giuseppe Nieddu aveva 39 anni ed era un appuntato dei carabinieri. La mattina dell’8 dicembre 1991 aveva preparato il fucile e all’alba era uscito dalla sua casa di Olbia per raggiungere gli amici cacciatori con i quali avrebbe condiviso la battuta al cinghiale. Nieddu era uno che al dovere di militare ci teneva e non lesinava energie, né indietreggiava di fronte al pericolo quando doveva fronteggiare loschi figuri. Aveva appena finito di indagare su un traffico di droga e di soldi falsi. A qualcuno, l’attivismo dell’appuntato nativo di Alà dei Sardi non era piaciuto. Quel qualcuno era un pregiudicato di Orune, coinvolto nell’inchiesta. Quella mattina di quasi trent’anni fa, mentre pregustava una giornata felice assieme agli amici, Giuseppe Nieddu venne raggiunto da una scarica di pallettoni al volto, sparati dal killer appostato sotto la sua casa. Un martire del senso del dovere. Uno di quelli di cui mai dovremmo dimenticarci, perché i paesi civili si fondano anche sull’estremo sacrificio di chi la legalità è disposto a difenderla anche col proprio sangue. Nel 1992, il Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro ha conferito la medaglia d’oro al valore civile. Grazie, Giuseppe.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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