Il giorno 8 dicembre 1980 ci lasciò, suo malgrado, un piccolo genio musicale: John Lennon. Il ragazzo di Liverpool aveva appena quarant’anni quando un altro ragazzo di venticinque anni di nome Mark David Chapman esplose contro John cinque colpi di pistola. Uno dei proiettili lo colpì all’arteria succlavia e dopo aver fatto pochi passi riuscì solo a dire “mi hanno sparato”. Chapman, si disse, era uno squilibrato, uno che, forse, non aveva ben compreso chi fosse quel ragazzo quarantenne che aveva ridisegnato in poco tempo il senso della musica nel mondo. John non credeva alla morte, pensava fosse solo come scendere da un’auto per salire su un’altra e questa dichiarazione mi colpì moltissimo. Quello che mi colpi, però, fu l’appello della moglie Yoko Ono che chiese ed ottenne da oltre trenta milioni di persone in tutto il mondo di fermare ogni attività per dieci minuti, il 14 dicembre 1980. Era domenica. Mi fermai anche io. Davanti al mio giradischi Tecnics misi l’album del 1971 sul piatto: “Imagine”. La puntina andò a cercare il solco vuoto grattando leggermente. Era un vinile piuttosto consumato. Partì il pianoforte e poi la voce bellissima e intensa di John. Capolavoro assoluto di parole, di musica, di batteria che partiva prima di “imagine the people” e accompagnava, come un appaluso, tutto il brano. Era la prima canzone del lato A. Quando finì cominciò “Crippled inside” e il mondo si rivoltò. Musica con il banjo, musica che faceva sorridere, abbracciare, correre e ballare. Infine fu la volta di Jaelaous Guy, un po’ Beatles, un po’ Credence, un po’ magia, un po’ bellezza. Dieci minuti con John che passo almeno una volta al mese. Perché fa bene, perché bisogna volersi bene, perché non si può morire a quarant’anni. Perché John è la musica e le sue parole danzano con essa.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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