Un anno fa eravamo tutti Charlie. E adesso? Tra gli altri, a chiederselo, ci sono quelli di Le Monde; riferendosi probabilmente ai drammi del Medio Oriente i giornalisti del più celebre quotidiano francese si pongono il dubbio: il mondo e il pubblico che 12 mesi fa hanno conosciuto le vignette di Charlie sono davvero pronti a identificarsi ancora con la satira controversa del settimanale? Ripartiamo da proprio da lui, Charlie; la copertina del numero commemorativo della strage non intende fare sconti a nessuno: un Dio, come siamo stati abituati a immaginarlo in Occidente, corre, la veste bianca imbrattata di sangue e un kalashnikov sulle spalle. Contro “i fanatici abbruttiti dal Corano” e “tutti gli altri culi benedetti da altre religioni”, accompagna l’editoriale. Perché in molti forse non badarono troppo alle parole del direttore, Laureant Saurisseau, noto con lo pseudonimo di “Riss” col quale firma le sue vignette: Charlie continuerà con la sua satira, Charlie non è un semplice giornale laico, Charlie è un giornale ateo. Di fronte a 12 morti però si può anche passare oltre e allora, sì, il 7 Gennaio tutti ci siamo sentiti un po’ Charlie, comuni cittadini e giornalisti che in tempi normali mai e poi mai avrebbero preso in mano una matita per scarabocchiarla loro firma sulle pagine della rivista. Ma, come suggerisce Le Monde, è durata poco, e non ci siamo nemmeno accorti, ad esempio, delle vignette preparate per commentare la morte di Aylan Kurdi, altro evento dell’anno appena salutato senza troppi rimpianti. Le vignette potete vederle sotto e giudicare da soli.
Riss e gli altri, però ci avevano avvertiti: Charlie è anche questo. Ammonimento utile, forse,anche per esorcizzare quel milione di copie vendute dopo la strage e la media settimanale, passata da 40 a 90mila acquisti in edicola. Le pagine di Libération, a proposito del boom di vendite, parlano di una redazione traumatizzata dalla tragedia e dall’afflusso di denaro inaspettato ricavato dalle vendite ( e non dalle donazioni volontarie devolute ai familiari delle vittime): circa venti milioni di euro che la piccola redazione, composta anche da collaboratori che lavoravano nel salotto di casa propria, si è scoperta incapace di gestire in scioltezza insieme alle nuove magagne legali.
L’aumento di tirature non ha riguardato solo Charlie. Mi è rimasto impresso un articolo condiviso da un conoscente tunisino residente n Francia; l’articolo, tratto da un quotidiano arabo riportava dell’aumento di copie vendute del Corano, all’indomani della strage. Altri decisero di comprare l’ultimo di Michel Poubellebecq ( io amo storpiargli il nome così), ma questo è un altro discorso. Se comunque volete rinfrescarvi la memoria, e se dopo questa lettura non vi sarete annoiati,potete rileggere la mia recensione qui: http://https://www.sardegnablogger.it/sottomissione-di-michel-houellebecq-quando-lislamofobia-diventa-marketing/
Sempre Libération analizza il calo di solidarietà internazionale registrato nel corso dei 12 mesi, riportando il malcontento di certa parte politica e di esponenti di varie fedi riguardo la citata vignetta su Aylan e un’altra sull’incidente aereo nel Sinai lo scorso novembre. Se Le Figaro affronta il tutto dall’ottica della polemica politica, attaccando il governo sulle misure anti terrorismo adottate dopo l’attentato di Gennaio e ricordando di come il primo ministro Valls avesse dichiarato: “sì a nuove misure di controllo, ma nessun intervento che sacrifichi i principi del diritto e dei nostri valori”,il quotidiano di sinistra l’Humanité dedica anch’esso degli speciali, pur scegliendo di mettere in evidenza nella sua home page un articolo contro due delle maggiori banche d’Oltralpe, PNB Paribas e Sociète Genèrale, e mantenendo viva l’attenzione sul Medio Oriente. Ci viene ricordato che come grandi commemorazioni pubbliche, come quella dello scorso anno che vide a braccetto capi di stato e regnanti per le vie di Parigi, non sono ancora state possibili per via dello stato di emergenza entrato in vigore dopo il 13 Novembre.
A conclusione di queste letture della stampa francese, è interessante riportare un’altra dichiarazione del direttore di Charlie Hebdo. Riss ha espresso un desiderio: quello di esportare le vignette e i suoi editoriali al di fuori della madrepatria:
“Voglio che Charlie diventi una voce con degli echi anche in Europa, per tutti quelli che vogliono vivere in un mondo laico. Charlie è un modo di ridere, di riflettere che non è specificamente francese, ma più universale di quanto si immagini.” A breve sarà possibile, pare, l’arrivo di Charlie in Germania, Regno Unito, Stati Uniti. Per tornare alla domanda iniziale, il mondo è pronto? Forse i paesi sopra, sì. E l’Italia?
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