Mi hanno detto di prepararmi. Ho goduto dell’ultima cena. Come Gesù Cristo. Ho potuto scegliere tra pollo e gamberi, dolce e una bella birra fresca. Si muore una volta sola. Mi hanno spiegato che mi saranno iniettate, in sequenza, tre differenti sostanze: una prima dose di pentothal, un barbiturico molto potente, poi qualcosa a base di curaro, una sostanza che rilassa i muscoli e mi paralizzerà il diaframma. Infine il cloruro di potassio, che mi provocherà l’arresto cardiaco. Una morte sicura, tranquilla, pulita. Così mi hanno raccontato. L’esecuzione è per il 7 dicembre 1982. Sono fortunato, mi hanno detto. Il Texas è il primo stato degli USA a utilizzare questo sistema e io sono il primo a beneficiarne. Sono moderatamente contento. Hanno continuato a ripetermi che questa è la più umana delle condanne a morte. Non mi devo preoccupare. E poi, me lo sono meritato. Ho ucciso due ragazze. Avevo vent’anni e ed ero zuppo di droga e alcool. Sono passati quindici anni e ritengo sia stata la più grande cazzata della mia vita. E il Texas si sta vendicando. Con dolcezza. Qualcuno dice che il cuore può continuare a battere per un periodo che può variare dai sei ai quindici minuti, ma il cervello non lo seguirà. Camminerà per altre strade il cervello. Chissà. Non ho mai pensato a questa storia della morte. Credevo non dovesse accadere. Solo chi si suicida determina la sua fine. Oppure chi viene condannato a morte. Negli Stati Uniti d’America questa la chiamano democrazia. La dipingono in molti modi ma in Texas se sei nero cominci nelle strade sterrate ed è difficile correre in quelle asfaltate. Puoi lavorare come buttafuori in qualche discoteca o in qualche motel di merda a guardare quei bastardi bianchi che si scopano le nostre donne. Ma capisco, questa è un’altra dannata e stronza storia. Cazzo, comincio ad avere paura. E’ il buio che mi blocca. Vorrei sapere quale merda d’inferno mi prenderà per sempre. Ho letto la Bibbia e ho letto anche la Divina Commedia. Il prete dice che Dio perdona e devo avere fiducia. E’ il Texas che non perdona caro prete di merda. Raccontalo a questi stronzi gonfi di soldi e di petrolio. Raccontalo al Giudice che neppure mi ha voluto ascoltare. Fossi un bianco non sarei qui ad aspettare l’iniezione totale. Ma adesso cammino in silenzio, verso quel lettino bianco con il lenzuolo verde. Mi distendono e mi legano le braccia. Sono molto professionali i texani, quando vogliono. Sanno ammazzare con garbo questi fottuti di texani, quando vogliono. Ho visto l’ago: il pentothal cammina nelle mie vene. Questa merda di vita. Non è stata bellissima ma ve lo dico mentre tutto comincia a girare: era l’unica che avevo e nessuno mi ha mai chiesto che cazzo ci fossi venuto a fare su questa terra. Fottetevi voi e l’iniezione letale. Fottetevi. Ci troveremo da qualche parte, in qualche girone, in qualche inferno bello rosso. Il buio sta arrivando. E anche il freddo. Tutto si fa lontano e piccolo. Piccolo e insignificante. Quel cazzo di liquido cammina. La bella morte. Sono il primo a provarla. Che culo ragazzi.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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