Tutti siamo andati in prigione senza passare dal via e molti tirando i dadi speravano di non finire mai nel parco della vittoria e speravano, invece, di infilarsi nel vicolo corto. Nomi che raccontano momenti della nostra adolescenza e non solo, nomi che insieme a probabilità ed imprevisti hanno unito, per delle serate intere, famiglie o gruppi di amici. Il 3 febbraio 1935 usciva, negli Stati Uniti, la prima edizione di “monopoly” che da noi venne subito italianizzato in “monopoli” e dal quel giorno – sono passati 82 anni – tutti, io credo, abbiamo tirato i dadi, contato le caselle e abbiamo gioito o ci siamo disperati di essere finiti in una casella piuttosto che un’altra. Monopoli è un gioco di strategia pura, dove c’è molto cinismo, tattica e anche una buona dose di “botta di culo” legata al lancio dei dadi che nella scalata sociale non guasta. E’ stato visto come un gioco “di destra”, liberale, spregiudicato, ma è stato giocato da tutti con la segreta voglia di far fallire il proprio avversario. Tutti avevano una loro tattica: alcuni preferivano le stazioni, le cartelle azzurre e arancioni, avere cioè la possibilità di fare pochi soldi ma subito. Le case, da quelle parti, costavano molto poco. Altri invece cominciavano delle aste estenuanti, discussioni interminabili e tentavano di bloccare l’unione dei gialli e dei verdi, caselle pericolosissime che a passarci ci rimettevi la partita. Ho passato serate intere a giocare a monopoli con un gruppo di amici, soprattutto alla fine degli anni settanta. Ero un discreto giocatore, mi accontentavo di chiudere subito con i terreni e con pazienza certosina cercavo di acquistare case ed alberghi. Molte volte sono finito in prigione senza passare dal via. Non lo sapevo, ma era un segno del destino. Buon compleanno monopoli e non dite che voi non ci avete mai giocato perché. non ci credo.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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