Chissà che vocabolo utilizzò il giornalista scrittore francese Jean Lorrain quando nel 1897 attaccò Marcel Proust per la sua omosessualità dalle pagine di quotidiano.
Non ci è dato sapere se abbia utilizzato la parola più neutra possibile, “homosexuel”, la più letteraria “giton”, – che si può far risalire addirittura all’opera Satirica di Petronio- o chissà, la più prosaica “pédé”- quella più vicina ai nostri, italici, irrinunciabili “frocio/finocchio” che, come ci ha spiegato il senatore verdiniano Salvatore d’Anna improvvisatosi sociolinguista nei giorni della polemica Mancini/Sarri: “Sono termini che si usano anche in modo affettuoso in famiglia e tra amici “.
Sarà, del resto a chi è che non mai capitato di rivolgersi ad un familiare in tono affettuoso con un “Oh, finocchio, passami il sale”.
Sarà, ma Marcel Proust non la prese tanto bene e nel giorno 6 febbraio 1897 sfidò a duello l’incontenibile Lorrain nel bosco di Meudon. Lorrain di certo non poteva definirsi campione di buon gusto e moralità. Per farvi un’idea, andate a vedere su Wikipedia la causa della sua morte. Ma la cosa più stramba è che Lorrain era egli stesso omosessuale più o meno dichiarato. Può anche darsi, quindi, che Lorrain si sia rivolto a Proust dandogli del “pédé”: i dizionari francesi infatti, ci spiegano come questa parola sia utilizzata come dispregiativo generico, anche al di là di connotazioni sessuali. Insomma, può darsi che, semplicemente, Lorrain fosse invidioso di quel Proust che già mostrava il suo talento letterario nella stesura di racconti che egli recensì negativamente. Marcel vinse due volte: sparando per primo al venticinquesimo passo e pubblicando il primo capitolo della mastodontica Recherche nel 1913.
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