Il 5 luglio del 1975 sport, storia e diritti civili si incrociarono sul campo centrale di Wimbledon, la capitale mondiale del tennis, per la finale del singolare maschile del torneo più antico e prestigioso. Da un lato della rete il caschetto e il sorriso beffardo di Jimmy Connors, dall’altra la sagoma elegante di Arthur Ashe. L’incontro tra i due americani si concluse in quattro set e a vincere fu Ashe. E allora? E allora, Ashe era nero. E fu il primo nero a vincere non solo Wimbledon, a novantotto anni dalla prima edizione del 1877, ma un torneo del Grande Slam, fino a quel momento appannaggio esclusivo dei bianchi. Era anche questo un segno di una società in evoluzione, come lo è stato nel 2008 il primo titolo mondiale di Formula uno conquistato da un pilota di colore, Lewis Hamilton, poche settimane prima che gli Stati Uniti eleggessero il loro primo presidente afroamericano, Barack Obama. Tornando a Arthur Ashe, viene probabilmente ricordato più per questo suo primato e per la sua dolorosa vicenda personale, di cui più avanti dirò, che per le eccelse qualità sportive: fu numero uno al mondo e miglior tennista americano per un lungo periodo, tra la fine degli anni sessanta e il primo scorcio dei settanta, nonché vincitore di 33 titoli e di tre tornei dello Slam. Ancora oggi viene considerato tra i grandi della racchetta. Prima della vittoria a Wimbledon, celebre fu la sua campagna per i diritti civili dei neri scaturita dalla sua esclusione dagli Open del Sudafrica. Le discriminazioni razziali del governo non consentivano a Ashe di giocare da quelle parti, divieto che il tennista di Richmond denunciò con forza impegnandosi in una battaglia di sensibilizzazione mondiale. Ashe è morto nel 1993, a meno di cinquant’anni, dopo una lunga agonia. La sua carriera agonistica s’interruppe di colpo nel 1979, causa un improvviso infarto. Riprese a giocare, ma l’anno dopo si ritirò definitivamente dalla scena. Il cuore gli diede tormento ancora nel 1983, costringendolo ad una vita molto ritirata. Nel 1988, Ashe scoprì di essere malato di Aids. Tenne riservata la notizia, che tuttavia venne resa pubblica nel 1992 dalla stampa americana. Ashe aveva contratto l’Hiv con una trasfusione di sangue infetto, una di quelle trasfusioni cui si sottoponeva nelle sue cure contro la cardiopatia. Il primo vincitore nero di Wimbledon morì a New York, nel febbraio del 1993. Non solo lo sport gli deve molto.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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