5 dicembre del 1492. La scoperta involontaria più importante della storia. La scoperta dell’America. Una data così importante da essere considerata come la fine di un’era, quella medioevale. Da allora incomincerà l’evo moderno. Ma come si sa, la scoperta dell’America, ad opera del genovese Cristoforo Colombo per conto della Corona di Spagna, è stata il frutto di un gigantesco equivoco. Colombo infatti era convinto che, navigando ad occidente, sarebbe giunto nel favoloso oriente, così ricco di traffici e commerci. E, a quanto pare, questa convinzione non lo abbandonò mai, anche dopo aver trovato un mondo ben diverso dal Cipango o dall’Impero cinese, luoghi da tempo conosciuti dagli europei, grazie ai viaggi per terra, tra gli altri, del veneziano Marco Polo. Ad ogni modo, tra il sapere e il non sapere, Colombo, appena sbarcato, dichiarò quelle terre assoggettate alla corona spagnola. Ancora oggi, con quella tipica strafottenza europea, gli amerindi, gli abitanti aborigeni dell’America, si chiamano “indiani” o “indios”, termine, invero, considerato ormai poco corretto. Fu il fiorentino Amerigo Vespucci a capire, dopo qualche anno, che non di Oriente si trattava, ma bensì di un nuovo mondo ancora sconosciuto, che così prese il nome, appunto, di America, in onore del navigatore. Com’è noto, vi sono prove che, in altre epoche, altri erano giunti fino all’America. I navigatori vichinghi, per le vie del nord, erano sbarcati a Terranova;ù ma, a quante pare, vi sono concreti elementi per ritenere che in epoca antica fenici, greci e romani e, successivamente, gli arabi, sporadicamente, potevano aver toccato quelle lontane coste. A prescindere dalle esplorazioni di impavidi navigatori di tutti i popoli e di tutte le ere, la scoperta “involontaria” di Colombo, effettivamente, cambiò il mondo. Un flusso gigantesco di metalli e minerali preziosi e altri beni incominciarono ad affluire in Europa. Gli indios furono trasformati in schiavi, presto sostituiti dagli schiavi africani di importazione. Quella enorme ricchezza che giungeva in Europa, tanto per incominciare, mutò gli equilibri europei interni. E’ un paradosso, ma ad averne le spese fu proprio la penisola iberica, che iniziò così il suo declino, causato, secondo una corrente di pensiero, dall’atrofizzazione dell’economia, affogata da ricchezze di rapina. Poi mutò gli equilibri nel resto del mondo. Fino a quel momento, infatti, Cina e India producevano ricchezze in misura maggiore rispetto all’Europa. Ci sono studi che proiettano, infatti, all’indietro, nel passato, i parametri attuali del cosiddetto PIL, mostrano una classifica che vede nell’ordine Cina, India posizionarsi davanti alla ricca Italia del Rinascimento. La scoperta dell’America finì con ampliare le rotte di traffico degli europei, principalmente di olandesi ed inglesi, e l’Europa, da sempre impegnata in guerre fratricide, si potenziò ancora di più militarmente incominciando a prevaricare sul resto del mondo e sulle potenze asiatiche. Risucchiando energia da quell’enorme nuovo continente, l’Europa partì alla conquista del mondo, colonizzando, praticamente, ogni angolo del pianeta. Una specie di idrovora prese a risucchiare risorse dal resto del mondo, fino alla colonizzazione dell’Africa, dell’Australia, e di gran parte dell’Asia. Poi, nel secolo scorso, le colonie iniziarono a rendersi indipendenti, ma ormai i sistemi di sfruttamento, tramite una feroce economia di mercato, erano già stati ampiamente sperimentati e proseguono tutt’ora. Si avviò, per responsabilità europea, il genocidio quasi totale dell’America del Nord e dell’Australia. Nell’America del Sud, al genocidio iniziale, si sostituì, gradatamente, una forma di meticciato generale. Oggi le Americhe sono un continente colonizzato da popolazioni di tutti i continenti che, per ragioni storiche e vicissitudini diverse, anche drammatiche, (non solo lo schiavismo, si pensi alla crisi agricola irlandese dell’800, o agli ebrei fuggiti dalle persecuzioni), hanno reso quel continente un gigantesco calderone multietnico, vivace e innovativo, e non per questo privo di proprie forti identità nazionali. E ancora oggi, mentre i nativi del Nord America, quei pochi sopravvissuti, vengono ridotti a fare da controfigura folcloristica di quello che erano, le ultime tribù sopravvissute nella foresta Amazzonica sono oggetto di continue vessazioni, uccisioni e persecuzioni. Lottano per salvare non solo la foresta e se stessi, ma il mondo intero e il suo spirito.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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