Il 5 aprile del 1951 i civilissimi Stati Uniti d’America condannavano a morte i coniugi Julius Rosenberg ed Ethel Greenglass, accusati di spionaggio per conto dell’Unione Sovietica. Il processo che decretò la pena capitale per il crimine di cospirazione durò meno di un mese e fu seguito con trepidazione da tutta l’opinione pubblica mondiale. Secondo l’accusa, i coniugi Rosenberg avrebbero fornito informazioni riservate sulle armi atomiche americane ai sovietici, segreti appresi da David Greenglass, fratello di Ethel, un tecnico impegnato nel programma nucleare degli Usa nella base di Alamos. Prove tutt’altro che schiaccianti, se è vero che dopo oltre mezzo secolo restano dubbie e incerti i connotati della vicenda, consumatasi nel clima repressivo del maccartismo. Julius e Ethel, ebrei e comunisti, avevano una storia personale che alimentava pregiudizi e sembrava giustificare i sospetti nei loro confronti, anche da parte di un’opinione pubblica americana impressionata dai progressi militari dell’Urss. Alla condanna a morte seguì la mobilitazione di gran parte dei più noti intellettuali del pianeta, da Jean Paul Sartre a Simone de Beauvoir, da Pablo Picasso a Frida Khalo, che rivolsero un appello al presidente americano Truman affinché graziasse i due coniugi. Appello cui si aggiunse la supplica del Papa Pio XII. Sforzi vani. I Rosenberg vennero assassinati dallo Stato americano nel penitenziario di Sing Sing, il 19 giugno del 1953.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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