“Il nudo e il morto”, il primo libro di Norman Mailer, uscito il 4 maggio del 1948, lo rilessi nel 2008. L’autore era morto un anno prima e in Italia arrivò il suo ultimo libro, “Il castello nella foresta”. E’ questo un romanzo di una forza negativa dirompente, il male assoluto asceso a forma di poesia assoluta. E’ il diavolo che parla di Hitler, pensate un po’. Ma non il diavolo triste e buono di Bulgakov, proprio lui nell’accezione teologica, l’essenza del male, che in un trionfo di sporcizia, incesti, escrementi e passioni le più laide, racconta e crea le origini e l’infanzia di Adolf. Un libro di tale fascino che mi spinse a riscoprire quello del primo, appunto il “Nudo e il morto”, di cui avevo ormai un ricordo vaghissimo. Ed ebbi l’impressione che Mailer con il suo ultimo libro volesse tornare all’essenza del primo, nel quale ritrovai questa narrazione del male supremo. Quasi che avesse deciso di chiudere l’arco della sua vita all’insegna del messaggio lanciato nel 1948, quando aveva 25 anni: “Ragazzi, noi siamo questi, siamo fatti così. Ed è meglio che lo sappiamo”. E’ meglio che conosciamo la nostra naturale propensione al male per opporci razionalmente con il bene. Categoria che per Mailer era rappresentata dalla pace. Non quella esistenziale o dei comportamenti individuali (accoltellò persino sua moglie, conobbe anche il carcere), ma quella del genere umano, la pace epocale. Quella per la quale bisogna marciare e mettere in gioco anche la vita. “Il nudo e il morto” è la storia dello sbarco in un’isoletta del Pacifico durante la seconda guerra. Il terrore e la ferocia della guerra, con una montagna in mano ai giapponesi e da conquistare, che diventa ossessione e sfida soprannaturale per ogni soldato e ogni ufficiale americani. E poi la fine, la vittoria a stelle e strisce, con il rastrellamento dei giap sconfitti e sbandati che diventa un inutile eccidio. Quel drappello di americani era un’evidente riproduzione della società americana, un piccolo mondo di giovani guerrieri con varie figure: l’intellettuale, il sindacalista anarchico, il cattolico. Oltre all’ombra del generale segretamente fascista. E’ un coro, non ci sono personaggi principali, una narrazione senza soste in cui tutti i protagonisti restano nudi nella loro miseria lontana da ogni retorica della guerra e dell’eroismo. L’eroe, anzi, non è un eroe ma un disturbato mentale, un arrogante e brutale assassino. Un Achille dissennato, senza ascendenze divine e senza l’aura del mito. A esempio Sam Croft, che cattura un nemico ma non sa dove metterlo. E allora risolve il problema dopo avere illuso il giapponese: “Il prigioniero scosse la testa lentamente e tornò a sorridere… non ebbe tempo di mutare espressione prima che il colpo gli fracassasse il cranio. Cadde in avanti, poi rotolò su un fianco. Sorrideva sempre, ma scioccamente ora”.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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