Restare sospesa, senza troppi pensieri. Lanciarsi oltre l’asticella. Provare e riuscirci. In un attimo. Quel salto Sara Simeoni se lo sarà immaginato da una vita e poi, una volta effettuato, se lo ricorderà per tutta la vita. Era il 4 agosto 1978, a Brescia. Non c’era lo sfavillio delle olimpiadi, dei campionati del mondo. Era solo una riunione di atletica tra le nazionali di Italia e Polonia e, come nelle storie di atletica, non c’era l’esigenza di “coprire” l’evento. Questo decisero in Rai, in un mondo allora blindato, due soli canali e con palinsesti che non prevedevano certo la cronaca di un meeting a Brescia. Oggi, probabilmente, ci sarebbe spazio nelle tv che si occupano di sport e ci sarebbero decine di telecamere a guardare quel salto.Sara guardò l’asticella. Che non si mosse. La guardò a lungo. Come un sfida. Perché negli sport individuali si è sempre in guerra con se stessi, ma non è proprio così. Un nemico te lo devi inventare, qualcuno da abbattere lo devi trovare e nel salto in alto la tua ossessione è un’asticella, molto più alta di te. Puoi superarla solo con lo stile Fosbury. Mica è semplice. Sara guardò l’asticella. 2.01 diceva. Oltre due metri. Impensabile e impossibile per una donna. Ma Sara è Sara: determinata, cocciuta, contro le rivali Ackermann e Meyfarth. Ma la vera nemica per tutte era quell’asticella che ti trovavi davanti. E’ come quando devi battere un rigore e la porta, di colpo, diventa piccolissima. Così avrà visto l’asticella Sara. L’ha guardata per molti secondi. Forse pochi. O troppi. Difficile capire da chi non si è mai trovato sul campo: adrenalina, pensieri cattivi, paura, incertezza dentro le tasche ad appesantire il salto, adrenalina, pensieri dolci, caparbietà, coraggio, forza e cattiveria dentro le scarpette che stanno per muoversi e che non devono neppure sfiorare la nemica asticella. Questo accadde il 4 agosto 1978 a Brescia: un salto che divenne leggenda, record del mondo senza immagini. Da raccontare soltanto. Solo dopo molti anni riuscimmo a vedere il salto di Sara grazie ad un filmato di una piccola televisione locale. Sara e il suo salto rimasero un mito per lo sport italiano e quando vedi la fotografia di quel salto capisci che Sara ce la poteva fare, che ce la doveva fare perché all’ultimo secondo ha chiesto scusa all’asticella e l’asticella, come nelle favole, l’ha lasciata saltare.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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