Schnellinger è stato un grande difensore degli anni 60′ e ’70, e ha legato il suo nome ai tanti successi italiani ed europei del mitico Milan, dove giocava il grande Rivera. Fu anche titolare inamovibile della nazionale tedesca, con cui giocò ben quattro mondiali. Fin da giovane fu acquistato dalla Roma, nel 1963, strappato a suon di quattrini dal Colonia, con cui si rivelo giovanissimo e, dopo un anno in prestito al Mantova, fu trasferito definitivamente al Milan nel 1965 dove è restato fino al 1975. I tifosi romanisti, a distanza di tanti anni, ancora si mordono le mani per quella improvvida svendita ai rivali milanesi. Schnellinger. Era un difensore particolarmente corretto, che preferiva giocare d’anticipo, tecnico e nello stesso tempo forte fisicamente. Tuttavia, essendo uno stopper poco portato a sganciarsi in avanti, non segnava praticamente mai. In 222 partite con il Milan, infatti, neppure un gol. Con la Nazionale tedesca solo un gol. Uno solo. Ora, i più esperti calciofili, incominciano a capire il perché sottolineiamo questo particolare. Era il 17 giugno del 1970 e, a Città del Messico, si giocava la semifinale dei campionati del mondo tra Italia e Germania, per quella che sarà eletta come la più bella partita di calcio di tutti i tempi. L’Italia era passata subito in vantaggio con un tiraccio di Boninsegna, e per tutta la partita la Germania aveva provato a cercare l’agognato pareggio, ma nulla. Ogni attacco si infrangeva nella rocciosa difesa azzurra, guidata da Facchetti con accanto il granitico Burgnich e il “cagliaritano” Cera. Gli ultimi assalti della Germania, vennero respinti da alcune strepitose parate di Albertosi. Ormai la partita volgeva al termine. Anzi, sarebbe già finita, se l’arbitro non avesse deciso per un recupero lunghissimo. La lancetta del cronometro, infatti, si avvicinava ormai al 93° minuto di gioco. Un recupero piuttosto lungo, per quei tempi, quando le partite venivano, in genere, fischiate al novantesimo, con al massimo un minuto di recupero. Schnellinger non segnava mai. Anni dopo raccontò che, dato che ormai la partita era finita, e che gli spogliatoi si trovavano dietro la porta azzurra, pensò bene, tanto valeva, di incominciare ad avvicinarsi, sconsolato, a quella parte del campo. Abbandonò così la sua posizione di stopper classico, e si portò davanti alla porta avversaria. Un cross disperato di Grabowsky da sinistra e Schenellinger si ritrovò il pallone tra i piedi, senza nessuno che si accorgesse della sua presenza e lo marcasse. Schnellinger, che non segnava mai, segnò in perfetta spaccata, alla metà del terzo minuto di recupero, uno dei gol più famosi della storia del calcio, il gol del pareggio in extremis di quella che verrà considerata la partita del secolo. Schnellinger, che era, se vogliamo, un pochino italiano, tanto che ancora oggi vive in Italia, segnò uno dei suoi pochissimi gol proprio all’Italia. Grazie alla sua impresa, poi, si giocarono quei tempi supplementari che consegnarono alla storia la bellezza e l’imprevedibilità del calcio. Sappiamo come andò a finire: l’Italia riuscì comunque a vincere con quel 4 a 3 che restò nella mitologia dello sport italiano e non solo. Per cui, il calcio intero è debitore a Schnellinger, calciatore che non segnava mai. O quasi. Buon compleanno Karl-Heinz.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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