Nella Giornata della Memoria appena trascorsa si rammentano i campi di sterminio nazisti, con le stragi, i milioni di morti, soprattutto Ebrei, durante la seconda guerra mondiale. Si ricorda quell’orrore per non ricadere negli stessi errori. Tuttavia si fa un torto a quella che, purtroppo, è una vera e propria costante nella storia dell’umanità, a ricordare un solo episodio come monito. Probabilmente il più grande genocidio della storia dell’Umanità è quello che ha avuto come atto finale l’ordine del governo degli Stati Uniti, del 31 gennaio del 1876, a tutti i nativi americani di rifugiarsi nelle riserve assegnate, veri e propri ghetti, esattamente come quelli europei nei confronti degli ebrei. Verrebbe da dire con una ripetitività della storia che appare sintomatica e impressionante nella loro coincidenza, come i ghetti che gli israeliani riservano ai palestinesi. Si parla del novanta per cento della popolazione di un intero continente fatta scomparire dalla faccia della terra, direttamente, con i massacri, o indirettamente, provocando carestie alimentari e portando malattie incurabili; si tratta di circa 10 milioni di persone. Con quell’ordinanza gli Stati Uniti, ma anche il Canada, avviarono a compimento la loro “soluzione finale”, si sbarazzarono del problema indigeno con le buone o con le cattive. Succedeva che, spesso, dopo gli accordi di pace, nei territori assegnati ai nativi si scopriva un giacimento minerario. La storia è davvero piena di pretesti governativi per poter riuscire a mandare l’esercito nuovamente là per scacciare i nativi e poter stracciare così gli accordi fatti. Pretesti assurdi che ricordano tanto le patacche che ancora oggi emergono quando si vuole attaccare un paese “petrolifero”, come è stato nell’ormai noto caso dei documenti falsi sulle armi di distruzione di massa per scatenare la guerra in Iraq. A rilevare queste costanti storiche si resta dunque impressionati dalla loro analogia e dalla loro ripetitività. Tuttavia è giusto dire, senza cadere in un eccesso sistematico, che il genocidio dell’America del Nord non ha eguali nella storia dell’umanità, al quale si aggiunge quello che, soprattutto gli inglesi, hanno compiuto in Australia con gli aborigeni. Naturalmente il genocidio del popolo africano, condotto per secoli a partire dallo schiavismo che nasce subito dopo la scoperta dell’America, per proseguire con il colonialismo e il post-colonialismo, non è da meno. Ma il genocidio americano si caratterizza, oserei dire, per una maggiore sistematicità. Oggi in America si ritorna a parlare di muri, di protezionismo, con toni razzistici nei confronti di chi proviene da oltre le frontiere. E’ un germe. Un germe maligno che, periodicamente, come un ceppo influenzale tignoso e inguaribile, riemerge dai memorabili, anche se troppo spesso dimenticati, labirinti della storia.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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