Macabra coincidenza, quella tra la data di oggi (col terremoto che ha assestato un’altra mazzata al tessuto urbano di molti paesi del cento Italia), e il 31 ottobre di quattordici anni fa, quando il sisma frustò il Molise lesionando molti edifici di San Giuliano di Puglia, arrivando a sbriciolare la scuola elementare del paese. Di solito si dice che i terremoti sono subdoli perché arrivano di notte, quando la gente è meno preparata e ha meno tempo per difendersi. Il terremoto di San Giuliano colpì tra l’ora della ricreazione e quella della campanella che manda tutti a casa per il pranzo. Quel 31 ottobre del 2002, tutta la leva Sangiulianese del 1996, 27 bambini, venne cancellata per sempre. I bambini fecero in tempo a fare la ricreazione ma, dopo circa un’ora, la scuola sulle loro teste si richiuse su se stessa, portandoseli via.
Per quel crollo furono processati e condannati alcuni responsabili (amministratori, costruttori, tecnici), gente come se ne trova tanta, che non aveva fatto fino in fondo il proprio dovere nel momento in cui la scuola era stata costruita. Italiani come tanti altri, che tra burocrazia, tagli al bilancio, poca coscienza dei rischi, ignoranza, furbizia criminale, tira avanti alla meglio (a volte anche alla grande), d’altra parte abbiamo le mani legate, tanto che vuoi che succeda, tanto anche se succede non cercano certo noi, tanto anche se ci cercano abbiamo buoni avvocati.
L’Italia delle mani che si lavano una con l’altra ha reso possibile tante cose, dalla mafia in Parlamento al controllo clientelare del territorio da parte della politica, specialmente al sud, e anche il crollo della scuola di San Giuliano è figlio di quella stessa Italia. Quella generazione che San Giuliano non avrà più, al contrario, dovrebbe servirci per ricordare che esiste un altro modo per essere Italia. Quella sì che sarebbe una rivoluzione.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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